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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili» 81
trollata delle città, tema al tempo certamente meno pressante di oggi atteso che
due terzi dell’umanità era ancora rurale.
Nel 1976 a Vancouver, in Canada, infatti, si era tenuta la prima Conferenza
Internazionale delle Nazioni Unite sul tema, nata proprio dal progressivo
affermarsi della consapevolezza relativa alle pressioni sugli insediamenti umani
dovute ai processi di crescente migrazione verso le città, a cui si cominciava ad
assistere; la preoccupazione riguardava in particolare i Paesi in via di sviluppo
e il contenuto della cd. Dichiarazione di Vancouver che ne era scaturita era
focaliz zato soprattutto sul diritto all’abitazione. Per quanto qui di rilievo, mag -
gior mente interessante è la seconda Conferenza Internazionale sul tema (nota
come Habitat II) di vent’anni successiva (1996, Istanbul, Turchia), segnatamente
dedicata a fissare i nuovi obiettivi per il nuovo millennio. Ne era infatti scaturito
un documento molto corposo, The Habitat Agenda, fondamentalmente dedicato
a due macro-temi: assicurare alloggi adeguati a tutti e rendere «human settle -
ments safer, healthier and more liveable, equitable, sustainable and pro ductive»
che, come si vedrà innanzi, pare costituire il più significativo precedente, anche
dal punto di vista lessicale, dell’undicesimo obiettivo dell’Agen da 2030.
Habitat II nasceva dalla constatazione dell’inarrestabile processo di deterio -
ramento delle condizioni abitative e degli insediamenti umani in generale,
esplicitando il senso di «urgenza» dell’intervento prima che la situazione
raggiun gesse le proporzioni di una crisi globale. Molti i temi già allora all’atten -
zione: l’insostenibilità dei modelli di consumo e di produzione, propri
soprattutto dei Paesi industrializzati; l’eccessiva concentrazione della popola -
zione; la mancanza di alloggi per tutti; l’incremento della povertà; la mancanza
di impiego; l’emarginazione sociale; la mancanza di infrastrutture e servizi di
base e quelle di un’adeguata pianificazione; l’insicurezza e la violenza crescenti,
il deterioramento dell’ambiente e la crescente vulnerabilità di fronte ai disastri.
Essa, pertanto, si proponeva come «a global call to action at all levels», già
strutturata in «goals and principles and commitments» che offrivano «a positive
vision of sustainable human settlements – where all have adequate shelter, a
healthy and safe environment, basic services, and productive and freely chosen
employment» e che avrebbero dovuto guidare «all efforts to turn this vision
into reality». Ben si può dire, dunque, come Habitat II segnasse in modo più
completo e consapevole il passaggio ad un’attenzione all’abitare estesa al
contesto urbano e umano nel suo complesso.
Per quanto qui soprattutto di interesse, se anche si guarda alle grandi
Dichiarazioni sullo sviluppo sostenibile, peraltro, va doverosamente osservato
come l’attenzione per il tema non sia neppure una novità dell’Agenda 2030.
Ancor prima del Rapporto Brundtland, infatti, già la Dichiarazione di Stoc -
colma menzionava le città affermando che «15. Planning must be applied to
human settlements and urbanization with a view to avoiding adverse effects on