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78 Cristina Videtta
delle politiche complessivamente da implementare è «ambitious and transfor -
mational», i goals e i targets stessi sono qualificati come «trasformative» e
l’Agenda chiude ribadendo «We reaffirm our unwavering commitment to
achieving this Agenda and utilizing it to the full to transform our world for the
better by 2030».
Il cambio di paradigma rispetto alle Dichiarazioni precedenti è evidente nel
momento in cui si considera che gli obiettivi da raggiungere sono collocati in
un orizzonte temporale definito e breve, il 2030 appunto, il quale interessa
ancora e, parrebbe possibile dire, prima di tutto, le generazioni attuali, che sono
al contempo indispensabili attori del cambiamento, ma anche, a ben vedere, i
primi beneficiari dello stesso.
Non più dunque impegni da attuarsi in un futuro indeterminato (come
mostrava l’ampio utilizzo di verbi – genericamente – coniugati al tempo futuro
nei Summit passati), ma azioni immediate che (e, a parere di chi scrive, perché)
devono dare risultati che, vale la pena rimarcarlo, impattino fortemente non
solo sulle generazioni future ma già sulle generazioni attuali, la cui voce è stata
ampiamente ascoltata, come si è visto, già in fase di formazione del testo.
Da questo punto di vista, proprio la «collaborazione» è, come si è visto più
sopra, una delle cinque parole chiave sulle quali, esplicitamente, è costruita
l’intera agenda. Vi si afferma infatti (non a caso, proprio all’interno della parola
chiave «collaborazione») lo «spirito di rafforzata solidarietà globale», particolar -
mente concentrato «sui bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili»: parità tra
i cittadini rispetto all’accessibilità dei servizi di base, dell’abitazione, della tutela
della salute, dell’educazione, secondo una declinazione totalmente assonante
con quello che, per l’ordinamento italiano, è la piena e consapevole attuazione
del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art 3, c. 2, Cost. In tal senso,
infatti, l’Agenda afferma esplicitamente «Gli Stati sono fortemente incoraggiati
ad astenersi dal promulgare o applicare qualsiasi misura unilaterale di natura
economica, finanziaria o commerciale che non sia in conformità con il diritto
internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, e dunque che sia di ostacolo al
pieno raggiungimento dello sviluppo economico e sociale, in particolare nei paesi
in via di sviluppo» (30) e, in senso necessariamente complementare, che deb -
bono essere adottate «misure e azioni adeguate, in conformità con il diritto
internazionale, per eliminare gli ostacoli e i limiti, potenziare il sostegno e
soddisfare le esigenze di coloro che vivono in aree affette da emergenze
10
umanitarie complicate e in aree che subiscono il terrorismo» (p. 23) .
10 Va detto invero come già all’interno della Dichiarazione di Rio del 1992 si poteva
cogliere un’indicazione, seppur meno marcata, nel senso descritto laddove chiamava i
Governi, tra l’altro, a «ridurre le disparità dei livelli di vita».