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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili»               71


               Molta strada è stata fatta da allora, ma sostanzialmente l’impostazione sui tre
            pilastri emersa da quella Conferenza si è consolidata nel tempo e, pur con
            progressivi arricchimenti e puntualizzazioni, si è confermata come struttura
            fondamentale del principio stesso.
               I due grandi Vertici internazionali sullo sviluppo sostenibile che seguono -
            Johannesburg Declaration on Sustainable Development, From our origins to the
            future (2002) e UN Conference on Sustainable Development, The Future We
            Want (Rio de Janeiro, June 2012) - non sembrano modificare molto la pro -
            spettiva.
               Pare interessante, tuttavia, evidenziare come nel Summit di Johannesburg
            del 2002 paia rimarcata, rispetto al periodo precedente, la dimensione della
            «dignità» degli esseri umani. In effetti, ancorché compaia solo un paio di volte,
            tale espressione trova collocazione in alcuni passaggi chiave della Dichiarazione
            al punto che sembrerebbe lecito affermare che permei di sè l’intero documento.
            Per la prima volta infatti vi è l’espresso richiamo a «the need for human dignity»
            che diviene ragione dell’impegno solenne, assunto in apertura del documento,
            a costruire «a humane, equitable and caring global society» (punto 2); le gene -
            razioni che verranno devono peraltro poter ereditare un mondo «free of the
            indignity and indecency occasioned by poverty, environmental degradation and
            patterns of unsustainable development» (punto 3). Le stesse pressioni sull’am -
            biente naturale determinano esplicitamente non già un problema di soprav -
            vivenza e benessere come affermato in passato, ma un vero e proprio diniego di
            una «decent life» (p. 13).
               Peraltro, in conclusione, si afferma espressamente come le Parti esprimano
            soddisfazione per l’attenzione del Summit di Johannesburg verso l’«indivisibility
            of human dignity» (p. 18), segno evidente del focus posto sul tema che pare dav -
            vero centrale, come peraltro dimostrato dal fatto che quest’ultima rappre senta,
            all’interno del principio de quo, il punto di convergenza e, in definitiva, obiettivo
            ultimo di ogni politica tesa «to speedily increase access to such basic requi -
            rements as clean water, sanitation, adequate shelter, energy, health care, food
            security and the protection of biodiversity. At the same time, we will work
            together to help one another gain access to financial resources, benefit from the
            opening of markets, ensure capacity building, use modern technology to bring
            about development and make sure that there is technology transfer, human
            resource development, education and training to banish underdevelopment
            forever».
               Pare di sicuro interesse osservare come, l’idea del perseguimento della dignità
            umana come obiettivo primario da garantire emerga peraltro dall’accento posto,
            per la prima volta, sulla necessità del passaggio ad una società globale fondata
            sulla solidarietà umana, costruita sul dialogo e sulla cooperazione tra le persone
            e le civiltà del mondo, prescindendo da razza, religione, lingua, cultura,
            tradizione e capacità (p. 17).
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