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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili»               67


            2. La dimensione sociale dello sviluppo sostenibile: dal cd.
               Rapporto Brundtland all’Agenda 2030

               Se l’Agenda 2030 rappresenta, come ormai noto e come meglio si vedrà
            innanzi, l’approdo più recente delle linee politiche globali in materia di sviluppo
            sostenibile, vale la pena una breve indagine preliminare onde mettere meglio a
            fuoco lo scenario in cui essa matura anche al fine di poterne evidenziare le
            caratteristiche portanti con maggiore chiarezza.
               Quando si parla di sviluppo sostenibile facilmente si è indotti a pensare
            (ormai) istintivamente a questioni legate alla protezione dell’ambiente e alla
            sopravvivenza del pianeta e, quindi, degli esseri umani.
               Certamente questa è l’idea prevalente, almeno originariamente; tuttavia, ad
            una lettura più attenta è possibile rilevare come la dimensione reale e profonda
            dello sviluppo sostenibile sia ben più ampia. L’analisi dei testi delle Dichiara -
            zioni internazionali sul tema, infatti, mostra come il tema, fin dall’origine,
            intersechi problematiche che travalicano i confini della materia ambientale in
            senso stretto, ossia intesa in senso meramente ecologico, ancorché esse per lungo
            tempo rimangano (forse) più sullo sfondo.
               Per rintracciare le origini del concetto occorre fare riferimento alla Confe -
            renza delle Nazioni Unite sull’Ambiente umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972,
            che, per la prima volta richiama l’attenzione sul fatto che, per migliorare in
            modo duraturo le condizioni di vita, occorre salvaguardare le risorse naturali a
            beneficio di tutti e per raggiungere questo obiettivo è necessaria una collabo -
            razione internazionale. In particolare, vi si afferma che ormai l’uomo, grazie al
            rapido sviluppo della scienza e della tecnica, è in grado trasformare il mondo in
            cui vive in molti modi e secondo dimensioni precedentemente sconosciute.
               La dimensione è spiccatamente antropocentrica: «Di tutte le cose al mondo
            gli uomini sono le più preziose» (p. 5). L’uomo è al tempo stesso «creatura e
            artefice» del suo ambiente e dunque la sua attività è strumento di cambiamenti
            sia positivi sia negativi; è soggetto attivo e soggetto passivo: qualunque attività
            compia è destinata ad investire direttamente la sua salute e, più in generale, la
            sua vita e, conseguentemente, è proprio sulle modalità di questa azione che
            occorre intervenire.
               Ciò che già allora emerge, per quanto qui soprattutto interessa, è come
            l’azione negativa dell’uomo sull’ambiente impatti non solo sulla sua salute fisica,
            ma altresì su quella «mentale e sociale».
               Dunque, nel momento in cui la comunità mondiale per la prima volta guarda
            ai problemi dell’ambiente in modo globale e unitario, superando la visione
            settoriale dell’ambiente e il modello degli accordi interstatali, che fino a quel
            momento avevano costituito lo strumento di collaborazione internazionale, la
            Declaration of the United Nations Conference on the Human Environment pone
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