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             non è che l’altra faccia della medaglia) è intollerabile che la qualità della vita e
             la realizzazione della dignità di ognuno siano diversamente misurate; d’altra
             parte, tale cambiamento deve essere urgente nel senso che le azioni trasformative
             vanno intraprese immediatamente.
                Un momento di transizione, dunque, ove seppur attratti dal miraggio di un
             mondo più equo ed inclusivo, si fatica, come in tutte le fasi di passaggio, ad
             abbandonare la strada per tanto tempo percorsa. Se il punto di partenza è
             sostan zialmente chiaro e pare altresì sufficientemente individuato l’obiettivo
             ultimo a cui si vuole tendere, il cammino tuttavia procede su un terreno in larga
             misura sconosciuto, soprattutto per via della globalità e della complessità dei
             problemi e delle responsabilità connesse.
                L’idea di sviluppo sostenibile dunque presuppone (e impone, laddove essa
             non fosse ancora maturata) una nuova coscienza, ossia quella del definitivo
             tramonto dell’illusione che tutto sia «sotto controllo». I modelli di crescita
             economica, basati sull’ aumento dei beni e servizi prodotti dal sistema econo -
             mico in un certo periodo di tempo, si sono dimostrati in grado di produrre
             benefici sul breve periodo, ma, se considerati in una prospettiva di medio o
             lungo termine, hanno mostrato di generare ingenti costi di natura sia ambientale
             sia sociale; la nuova idea di sviluppo deve dunque tenere in considerazione
             anche altri e differenti fattori come la qualità della vita sociale (che include la
             salute e l’educazione), culturale e politica, che non può essere pretermessa in
             un’ottica complessiva, quale quella in cui ogni riflessione sullo sviluppo
             sostenibile necessariamente si colloca.
                Un cambiamento epocale di prospettiva, dunque, che, evidentemente, deve
             nascere da una nuova consapevolezza; e, non a caso, è proprio per questa
             ragione che all’origine di ogni riflessione internazionale sullo sviluppo sosteni -
             bile c’è uno studio di ampio respiro in senso globale, un Rapporto, significa -
                                                     1
             tivamente intitolato «Our common future» .
                Se la consapevolezza è il necessario presupposto, l’obiettivo generale è quello
             di formulare norme che si collochino a livello sovranazionale (attesa la globalità
             del problema) e che sappiano guidare i Governi – ma anche tutti i livelli della
             società fino, come meglio si dirà, ai singoli individui –; un modello flessibile ma
             universale, la cui implementazione comporti la (difficile e delicata) messa in
             campo di capacità previsionali e politiche lungimiranti e, al contempo, un
             approc cio sistematico e integrato, in cui ci si sforzi di comprendere a fondo la
             connessione tra i problemi e li si affrontino di conseguenza.
                Anticipando alcuni temi su cui si tornerà nel prosieguo del lavoro, si può sin




                1  Il riferimento è naturalmente al noto Rapporto Brundtland, di cui si dirà infra nel
             testo.
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