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70 Cristina Videtta
Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, United Nations Conference on Environ -
ment and Development: UNCED or Earth Summit, conia l’espressione «sviluppo
sostenibile» – definita come «diritto allo sviluppo» da attuarsi «in modo da
soddisfare equamente i bisogni di sviluppo e ambientali delle generazioni
presenti e future» – inserendola in una Dichiarazione internazionale.
Vi si ribadisce che «gli Stati devono ridurre ed eliminare i modelli inso -
stenibili di produzione e di consumo e promuovere adeguate politiche demo -
grafiche» al fine di «realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore
qualità della vita per tutte le persone» (principio n. 8).
Invero, apparentemente, l’attenzione per la qualità della vita non è così
marcata come nel Rapporto Brundtland, tuttavia essa permea tutta la Dichia -
razione proprio per il fatto stesso di esservi solennemente menzionata, come si
è visto, nel citato principio 8.
A partire da quel momento, l’attenzione si concentra in modo più specifico
sulla relazione tra ambiente e sviluppo, consolidando la prospettiva di coope -
razione, condivisione e di consenso internazionale (principio 12 e ss.).
Inoltre, proprio in tale sede, come noto, prendono forma i cd. tre pilastri
dello sviluppo sostenibile, ossia quello economico, quello di tutela ambientale
e quello sociale, sulla constatazione per cui un diritto ambientale «efficace»,
non può ripercuotersi negativamente, dal punto di vista dei costi economici e
sociali, sui Paesi terzi, in particolare su quelli in via di sviluppo (principio 11).
La dimensione generale della Dichiarazione è ancora una volta marcatamente
ecologica. In effetti, ancorché l’ambiente non sia direttamente definito, è
possibile rintracciare tale dimensione dalla lettura del testo che, segnatamente,
parla, tra l’altro, di «armonia con la natura «(principio 1), di «diritto sovrano
di sfruttare le proprie risorse» (principio 2), di «spirito di collaborazione globale
per conservare, tutelare e ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della
Terra» (principio 7), «standard ambientali» (principio 11) e di «vittime
dell’inquinamento e di altri danni ambientali» (principio 13).
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Emerge comunque il pilastro sociale che trova una sua esplicita collocazione ,
affermandosi l’esigenza di ridurre le disparità dei livelli di vita e soddisfare
meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale, giacché, come
già rilevato nel 1987 e come verrà peraltro sempre ripetuto nelle Dichiarazioni
successive, l’eliminazione della povertà costituisce requisito indispensabile per
lo sviluppo sostenibile (principio 5); da qui l’affermazione di responsabilità
co muni ma differenziate in ragione della diversa ricchezza e del differente
con tributo dato da ciascuno Stato al degrado ambientale del pianeta (principio
7).
7 Sul punto G. ROSSI, Le Fonti, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’Ambiente, Torino,
2017, 31, rileva come tale profilo sarebbe addirittura accentuato rispetto al 1987.