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             Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, United Nations Conference on Environ -
             ment and Development: UNCED or Earth Summit, conia l’espressione «sviluppo
             sostenibile» – definita come «diritto allo sviluppo» da attuarsi «in modo da
             soddisfare equamente i bisogni di sviluppo e ambientali delle generazioni
             presenti e future» – inserendola in una Dichiarazione internazionale.
                Vi si ribadisce che «gli Stati devono ridurre ed eliminare i modelli inso -
             stenibili di produzione e di consumo e promuovere adeguate politiche demo -
             grafiche» al fine di «realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore
             qualità della vita per tutte le persone» (principio n. 8).
                Invero, apparentemente, l’attenzione per la qualità della vita non è così
             marcata come nel Rapporto Brundtland, tuttavia essa permea tutta la Dichia -
             razione proprio per il fatto stesso di esservi solennemente menzionata, come si
             è visto, nel citato principio 8.
                A partire da quel momento, l’attenzione si concentra in modo più specifico
             sulla relazione tra ambiente e sviluppo, consolidando la prospettiva di coope -
             razione, condivisione e di consenso internazionale (principio 12 e ss.).
                Inoltre, proprio in tale sede, come noto, prendono forma i cd. tre pilastri
             dello sviluppo sostenibile, ossia quello economico, quello di tutela ambientale
             e quello sociale, sulla constatazione per cui un diritto ambientale «efficace»,
             non può ripercuotersi negativamente, dal punto di vista dei costi economici e
             sociali, sui Paesi terzi, in particolare su quelli in via di sviluppo (principio 11).
                La dimensione generale della Dichiarazione è ancora una volta marcatamente
             ecologica. In effetti, ancorché l’ambiente non sia direttamente definito, è
             possibile rintracciare tale dimensione dalla lettura del testo che, segnatamente,
             parla, tra l’altro, di «armonia con la natura «(principio 1), di «diritto sovrano
             di sfruttare le proprie risorse» (principio 2), di «spirito di collaborazione globale
             per conservare, tutelare e ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della
             Terra» (principio 7), «standard ambientali» (principio 11) e di «vittime
             dell’inquinamento e di altri danni ambientali» (principio 13).
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                Emerge comunque il pilastro sociale che trova una sua esplicita collocazione ,
             affermandosi l’esigenza di ridurre le disparità dei livelli di vita e soddisfare
             meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale, giacché, come
             già rilevato nel 1987 e come verrà peraltro sempre ripetuto nelle Dichiarazioni
             successive, l’eliminazione della povertà costituisce requisito indispensabile per
             lo sviluppo sostenibile (principio 5); da qui l’affermazione di responsabilità
               co muni ma differenziate in ragione della diversa ricchezza e del differente
               con tributo dato da ciascuno Stato al degrado ambientale del pianeta (principio
             7).



                7  Sul punto G. ROSSI, Le Fonti, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’Ambiente, Torino,
             2017, 31, rileva come tale profilo sarebbe addirittura accentuato rispetto al 1987.
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