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                L’attenzione rivolta al piano differenziale e la propensione al mantenimento
             della pluralità costituiscono dunque i tratti essenziali della inclusione sociale e
             al contempo ne rivelano la pertinenza entro la visione di uno sviluppo soste -
             nibile, così come proposta dall’Agenda 2030. Sono infatti molteplici gli Obiettivi
             individuati dall’Agenda precipuamente attenti alle differenze e alle disugua -
             glianze e orientati quindi a tradurre modalità di gestione della relazionalità
             sociale in termini inclusivi: a partire dall’Obiettivo 1 (sconfiggere la povertà) e
             poi gli Obiettivi 4 (garantire un’istruzione di qualità) e 5 (garantire la parità di
             genere); ed ancora l’Obiettivo 8 (per un lavoro dignitoso), il 10 (ridurre le disu -
             guaglianze) ed infine l’Obiettivo 16 (orientato a garantire la pace, la giustizia e
             istituzioni solide). In altri termini, l’Agenda segnala chiaramente come la sfida,
             impegnativa e articolata, di uno sviluppo sostenibile necessiti di predisporre
             soluzioni condivise e socialmente accettabili.
                Sebbene dunque sostenibilità e inclusione si dispongano su piani distinti,
             appare evidente come esse possano sostentarsi reciprocamente, secondo una
             relazione di interdipendenza per la quale da una parte, le politiche sostenibili
             possono essere orientate, sempre più incisivamente, a ordinare la relazionalità
             interumana secondo modalità inclusive; e, dall’altra, le politiche di inclusione
             sociale possono costituire un terreno fertile entro il quale le pratiche sostenibili
             possono attecchire più agevolmente. Il sintagma “sostenibilità è inclusione”,
             evocato all’inizio della riflessione svolta in queste ultime pagine, sembra dunque
             manifestare pienamente la sua pertinenza. Essendo dunque possibile rappre -
             sentare in questi termini di coincidenza la relazione che intercorre tra soste -
             nibilità e inclusione, si può allora rilevare come le direzioni e i percorsi suggeriti
             dall’articolato disposto dell’Agenda, risultato di un processo inclusivo e parteci -
             pato, potranno ambire a essere pragmaticamente operativi.
                Rimane tuttavia da chiarire quali siano i termini e le caratteristiche del quadro
             d’insieme. Occorre cioè considerare lo spazio di senso entro cui tali
             differenzialità si pongono e i dispositivi teorici che provvedono al loro accordo,
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             consentendo la loro coesistenza, senza perdere il senso dell’intero . Soccorre,


                142  In senso critico, N. Rouland, Antropologia giuridica, Milano, 1992, p. 455 rileva:
             «Pensare l’unità non deve sfociare nella valorizzazione dell’uniformità, come tende a
             fare il diritto occidentale». Invero, si tratta di una modalità assunta ben oltre lo spazio
             della cultura giuridica occidentale. L’uniformità presenta infatti l’innegabile vantaggio
             di facilitare la scelta e l’operatività delle disposizioni normative; tuttavia, essa costituisce
             una modalità finzionale, nella misura in cui nega la condizione ontologica dell’umano
             (cfr. S. Cotta, Il diritto nell’esistenza, cit.), impedendone la piena realizzazione. Occorre
             pertanto sottolineare che tale modalità risulta incompatibile con la prospettiva di
             sostenibilità, indagata in queste pagine, che si declina per contro proprio a partire dalla
             identificazione delle condizioni che consentano un pieno sviluppo delle persone.
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