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La sostenibilità sociale. Spunti di riflessione per un inquadramento        51


               In assenza di criteri ultimi, di principi assoluti sulla base dei quali operare le
            scelte e predisporre l’azione, la risposta migliore è dunque stata rintracciata
            nell’idea che sia comunque possibile trovare un accordo sulla determinazione
            dell’ordine delle priorità collocando queste stesse entro un piano valoriale
            presuntivamente condiviso. Entro questo piano di condivisione, infatti, l’Agen -
            da 2030 ha attinto i principi di dignità, di cooperazione, di solidarietà, che sono
            stati richiamati nelle precedenti pagine di questo scritto. L’intera declinazione
            dell’Agenda è stata dunque preordinata, e poi realizzata, sulla base della
            scommessa della unanime condivisione di questi valori, di questi principi. Una
            scommessa affatto scontata ma per contro indubbiamente assai complicata.
               Si è trattato infatti di riconoscere che alla base del nostro vivere in comune
            vi siano «valori condivisi, pubblici, intrinseci all’essere umano» e capaci di «rea -
            liz zare al meglio la natura umana, la nostra stessa personalità e il nostro essere
            quel che siamo nel mondo»   152 . E, per conseguenza, l’impossibilità di una
            determinazione valoriale assoluta e statica, è stata convertita nella possibilità di
            una determinazione dinamica, fondata sulla condivisione e congenitamente
                                  153
            esposta al cambiamento .
               La condizione di apertura riconnessa alla sostenibilità si traduce allora, in
            questo senso, nella definizione di un’idea di giustizia anch’essa esposta a rivisi -
            tazioni, riformulazioni, in conseguenza della assunzione della precarietà quale
            dato ineliminabile del nostro vivere. Una precarietà che, pertanto, non impe -
            disce la realizzazione di un ordine di giustizia, ma spinge piuttosto a ride finirne
            i termini.




            radicato nella condizione reale delle persone. Non rinvia a piani ideali, astratti, assoluti,
            ma si colloca sul terreno della relazionalità. Sulla rilevanza di questo aspetto della
            dimensione concreta della giustizia si veda Infra.
               152  S. Maffettone, Valori comuni, Il Saggiatore, Milano, 1989, p. 41. Il ragionamento
            svolto dall’A. procede dal riconoscimento, dimostrato dal dato esperienziale, della
            capacità per l’umano di identificare tale tipologia di valori, e di costruire su di essi la
            relazionalità.
               153  L’impossibilità, o quanto meno la difficoltà, di un fondamento ultimo assoluto è
            l’aspetto critico che, in particolare, investe l’identificazione e l’elaborazione dei “diritti
            umani”. Si tratta di un tema, come è noto, assai complesso, intorno al quale si è svilup -
            pata un’ampia discussione teorica che, tuttavia, non verrà considerata in queste pagine.
            Sembra però utile ricordare, tra le molte, la riflessione in merito di Norberto Bobbio:
            «Non si tratta di trovare il fondamento assoluto impresa sublime ma disperata ma, di
            volta in volta, i vari fondamenti possibili. Senonché anche questa ricerca dei fondamenti
            possibili, impresa legittima e non destinata come l’altra all’insuccesso, non avrà alcuna
            importanza storica se non sarà accompagnata dallo studio delle condizioni, dei mezzi
            e delle situazioni in cui questo o quel diritto possa essere realizzato» (L’età dei diritti,
            Einaudi, Torino, 1990, p.16). Questa considerazione rintraccia perfettamente i termini
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