Page 49 - Borrello, Videtta.5a.qxp_.
P. 49
La sostenibilità sociale. Spunti di riflessione per un inquadramento 43
variabili che non sono destinate a esaurirsi, ma che invece si combinano e si
ricombinano indefinitamente, fuori e dentro il soggetto. Ciascuna identità,
131
infatti, si definisce secondo appartenenze multiple che dipendono «dal l’uni -
132
verso culturale dei valori e dei simboli sociali condivisi» : le identità individuali
possono essere definite, in questo senso, come “prodotti culturali” e tale
dimensione si riflette e si amplifica sul piano collettivo. Infatti, così come risulta
impossibile una reductio ad unum della identità del singolo, parimenti ogni
tentativo di rintracciare, o istituire, una omogeneità entro il piano dell’identità
collettiva risulterebbe velleitario. È a partire da questo tratto essenziale del
concetto di identità che può dunque essere propriamente compreso il senso del
riferimento all’inclusione in una prospettiva sostenibile. Come ha rilevato
Habermas, “Inclu sione significa che questo ordinamento politico può servire a
parificare i discriminati e a coinvolgere gli emarginati, senza con questo
133
rinchiuderli nell’uniformità di una Volksgemeinschaft omogeneizzata” .
A partire dalla irriducibilità delle identità, l’inclusione sociale allora si pro -
pone di preservarla, favorendo la coesistenza delle differenze attraverso l’imple -
134
mentazione del meccanismo di un reciproco riconoscimento . Come infatti si
è già avuto modo di rilevare, la reciprocità costituisce una modalità soggettivante
135
e validante , che dà luogo a un insieme dis-omogeneo, in costante ridefinizione
eticamente come “apertura all’altro” ma diviene anche “principio di organizzazione
sociale”. Cfr. C. Lévy-Strauss, Storia di Lince, Einaudi, Torino, 1993, pp. 208 e 221.
131 Amartya Sen contesta che l’identità possa essere descritta secondo un’unica
affiliazione: rileva infatti come le identità, se assunte in quanto dimensioni definite e
chiuse, non possano che generare conflitto; propone allora di riconoscere la multidi -
mensionalità dell’identità di ciascuno. Cfr. A. Sen, Identità e violenza, cit., p. 6.
132 L. Sciolla, Identità: percorsi di analisi in sociologia, Rosenberg & Sellier, Torino,
1983, p. 105. Sui rapporti tra identità e cultura si veda G. Di Cristofaro Longo, Identità
e cultura. Per un’antropologia della reciprocità, Studium, Roma, 1993. Nonché P. Rossi,
Il concetto di cultura. I fondamenti teorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino,
1970. Assumendo che la cultura sia «Il sistema, insieme, o rete di simboli, credenze,
valori, costumi, riti che rende specifica una società e che, in qualche misura, condizione
i suoi membri» (C. Geertz, Interpretazione di culture, tr. it., Il Mulino, Bologna, 1998,
p. 87), si può allora concludere che «la specificità del culturale è mutare e trasformarsi»
(F. Jullien, L’identità culturale non esiste, cit., p. 39).
133 Cfr. J. Habermas, L’inclusione dell’altro, tr. it., Feltrinelli, 1998, p. 151.
134 L’identità necessita del riconoscimento. In questo senso si scrivono, seppure a
par tire da prospettive diverse, le riflessioni proposte da Habermas e Taylor. Taylor co -
nia l’espressione «politica del riconoscimento», Habermas mette a punto il concetto di
«lotta per il riconoscimento nello stato democratico di diritto». Cfr. J. Habermas, Ch.
Taylor, Multiculturalismo, cit. Sulla reciprocità quale modalità immediata ed essenziale
per integrare la relazione tra il sé e l’altro, si veda C. Lévy-Strauss, Storia di Lince, cit.
135 Si rimanda in tal senso a: J. Habermas, Spazio pubblico e sfera politica. Radici