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ogni altro. Tali definizioni propongono dunque una rappresentazione statica
dell’identità, che tuttavia non corrisponde alle proprietà intrinseche di questo
concetto 125 . Sebbene infatti il termine identità esprima l’idea di unicità e
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univocità, l’aspetto saliente è per contro la sua multidimensionalità : l’identità
non è un monolite, un “dato” invariabile che permane nello spazio e nel tempo
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ma è, all’opposto, un processo che si realizza nella dimensione relazionale .
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In altri termini, l’identità dipende e procede dalla relazione con l’altro : che
sia individuale o collettiva, essa si dispone nello scambio dialogico con l’altro
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ed è quindi il risultato di tale interazione . In breve, la naturale disposizione
relazionale dell’umano costituisce la premessa per la definizione dell’identità,
che si determina secondo la semantica dell’altro; il che rende ciascuna identità
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metaforicamente una frontiera precaria : ogni identità rappresenta un confine
mobile, che si modula in base alle relazioni cui si espone, disegnando geometrie
126 Questa concezione è ampiamente condivisa nella riflessione teorica, soprattutto
di matrice sociologica; si rinvia, tra altri, a L. Sciolla, L’identità a più dimensioni. Il
soggetto e la trasformazione dei legami sociali, Ediesse, Roma, 2010.
127 La rilevanza della dimensione relazionale nella definizione del concetto di identità
è stata al centro di molteplici riflessioni filosofiche: cfr. E. Levinas, Totalità e infinito.
Saggio sull’esteriorità, tr. it., Jaka Book, Milano, 1980, pp. 257, 298; L. Pareyson,
Esistenza e persona, Taylor, Torino, 1970, p. 38 e seg.; P. Ricœur, Sé come un altro, cit.
Da una prospettiva filosofico-giuridica, Segio Cotta, in tal senso, rileva come «la più
elementare osservazione empirica mostra l’insopprimibile relazionalità delle persone»,
che, in termini heideggeriani, implica di riconoscere come il nostro esserci (Dasein) sia
un con-esserci (Mit-dasein) (cfr. S. Cotta, Diritto persona mondo umano, cit., p. 80). Un
rilievo che si ritrova anche in J. M. Benoist, Sfaccettature dell’identità, in L’identità,
Seminario diretto da Claude Lévi-Strauss, Sellerio, Palermo, 1986, p. 19: «La questione
dell’altro appare come costitutiva dell’identità».
128 In questo senso, Jean Jacques Rousseau affermava emblematicamente che «il
nostro vero io non sta tutto in noi soli» (cfr. J. J. Rousseau, Rousseau giudice di Jean
Jacques, in Scritti autobiografici, Einaudi, Torino, 1997, p. 1213). Similmente, Giulio
Chiodi afferma: «Appartenenza a sé, come vuole l’identità, è possedere il senso di
appartenenza al diverso da sè», cfr. G. Chiodi, Etica dell’identità e etica della differenza,
in A. Giasanti (a cura di), Giustizia e conflitto sociale, Giuffrè, Milano, 1992, p. 56.
129 In tal senso, Mario Ricca afferma: «[l’]identità è un fenomeno relazionale che
sgorga dal flusso dei rapporti nei quali è immerso il soggetto». Così in M. Ricca, Dike
meticcia, cit., p. 259.
130 Tale aspetto è generalmente riconosciuto sia dal punto di vista filosofico, e
filosofico giuridico in particolare, sia da quello antropologico e sociologico. In parti -
colare, sulla difettività ontologica del singolo, si rimanda a S. Cotta, Il diritto nell’esi -
stenza, cit., p. 93. Sulla precarietà dell’identità esperita nelle società attuali, si rinvia a
Z. Baumann, Intervista sull’identità, Laterza, Roma-Bari, 2009. Lévi-Strauss, in parti -
colare, considera come lo squilibrio dinamico della relazione con l’altro si traduce