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28 Maria Borrello
Si delinea così una responsabilità per il futuro, che significa dunque non già
determinazione di ciò che il futuro sarà, ma confronto aperto rispetto alle sue
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molteplici possibilità . Si tratta, insomma, di concepire la soggettività plurale,
raccolta nel “noi” che presiede l’elaborazione e le strategie sostenibili, come
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«un noi normativo e valutante» : una formulazione, questa, che nel rilevare il
ruolo normativo e dispositivo del noi, sottolinea parimenti, attraverso la forma
verbale del participio presente, la modalità continua che contraddistingue il
momento valutativo e consente così di inferire come risieda propriamente in
questa continuità la cauzione della sua legittimazione decisionale. La sosteni -
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bilità è infatti una «processualità dinamica evolutiva» , entro la quale le scelte,
le opzioni valoriali, necessitano di una continua riconsiderazione, che le renda
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capaci di farsi interpreti e di agire valori con-divisi .
Il piano della condivisione evoca l’idea di una comunanza e riconduce
dunque all’espressione futuro in comune da cui ha preso le mosse il ragiona -
mento sin qui svolto; l’adesione a tale formulazione consente allora di consi -
di politica, 4, 2010, p. 564. Similmente, Paul Ricœur afferma: «nel sentimento di
responsabilità noi sentiamo di essere resi responsabili […] è sempre un altro a
dichiararci responsabili; o meglio a renderci responsabili o, come dice Levinas, a
chiamarci alla responsabilità. […]. Diciamo che una capacità chiede di essere risvegliata
per diventare reale e attuale; è che è nell’ambito dell’alterità che diventiamo effetti -
vamente responsabili» (cfr. P. Ricœur, Persona, comunità e istituzioni. Dialettica tra
giustizia e amore, a cura di A. Danese, Edizioni Cultura della Pace, 1994, pp. 109-110).
82 P. Grossi, “I beni. Itinerari tra “moderno” e “post-moderno”, in Rivista trime -
strale di diritto e procedura civile, LXVI, 2012, 4, pp. 1059-1085. Sulla dimensione aperta
della responsabilità per il futuro si era, del resto, già espresso Jonas, provvedendo a
ridefinire l’imperativo categorico kantiano e proponendo un “nuovo imperativo” che
sorge e dipende dalla possibilità (aperta) del futuro. Cfr. H. Jonas, Technology and
Responsibility, cit., pp. 44-45.
83 S. Maffettone, Valori comuni, Il Saggiatore, Milano, 1989, p. 37.
84 F. Capra, La scienza della vita, cit., p. 336.
85 La possibilità della condivisione e condivisibilità dei valori è certamente una
questione problematica. Pur nella difficoltà pratica di pervenire a una determinazione
valoriale che sia appunto condivisa, si ritiene che questa possibilità non solo esista, ma
sia altresì esperita ed esperibile. Nella riflessione filosofica si ritrovano riflessioni
molteplici che hanno interrogato e indagato questa possibilità: tra tutte, magistralmente
essa è stata individuata da David Hume nel sentimento di sympathy, che indica proprio
l’attitudine umana di partecipare e condividere il moral sense con altri (si veda: D.
Hume, Trattato sulla natura umana, in Opere filosofiche, vol. I, Laterza, Roma-Bari,
1987). Disponiamo, infatti, della capacità di identificare valori condivisi che, come
afferma Sebastiano Maffettone, costituiscono «la precondizione di solidarietà sociale e
di apertura dell’io agli altri» (cfr. S. Maffettone, Valori comuni, cit., p. 35.