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             in altre parole, la discriminatorietà del piano si misura non più solo in relazione
             alla destinazione urbanistica che penalizzi il diritto del proprietario a tra -
             sformare il suolo, ma anche quella che “che priva la collettività di infra strutture
             vitali per il benessere fisico e per qualità della vita, o le impone di convivere con
             la bruttezza, o meglio, che le nega di vivere con la bellezza, intesa in senso lato
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             come aspirazione a una piena realizzazione della persona» .
                Le osservazioni riportate assumono pregnante rilievo nelle riflessioni che si
             vanno conducendo atteso che saldano il dibattito sulla città e sul significato della
             pianificazione alla realizzazione del benessere e della qualità della vita, secondo
             il disegno della città sostenibile che si è visto emergere dalla lettura del SDG 11
             dell’Agenda che si è ricostruito.
                La città diviene così luogo di persone e la sua stessa struttura recupera il
             rapporto con esse e colle loro istanze in termini di realizzazione come individui
             e come gruppo sociale.
                Se allora la pianificazione si rivolge alla realizzazione della qualità della vita,
             l’importanza della conservazione della bellezza e della memoria culturale
             materiale e immateriale non può che trovare in una siffatta ricostruzione il
             terreno ideale per prosperare anche in quanto destinato appunto a “connettere
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             le persone coi luoghi” , ricostruendo il senso di appartenenza: si pensi, a titolo
             esemplificativo, all’intervento sulla progettazione (e ri-progettazione, nel senso
             di recupero e rivitalizzazione) di luoghi pubblici (centrali, come si è visto, per
             favorire e garantire l’incontro e il confronto, anche culturale, secondo quanto
             già osservato), di riconnessione di aree culturali al tessuto cittadino (per es.
             migliorandone l’accessibilità e la raggiungibilità ovvero valorizzando il decoro
             del contesto urbano in cui sono inseriti, specie quando collocati nelle zone meno
             appetibili turisticamente che spesso sono lasciate in secondo piano); in una





             dunque, diviene uno strumento di prestazione di servizi in favore della collettività, oltre
             che presupposto abilitante alle trasformazioni del suolo, ormai sempre più limitate”.
             Sul punto anche E. BOSCOLO, Oggetti, funzioni, cit., 36: “L’inclusione è determinata
             dalla presenza di strutture e servizi di welfare, dalla loro distribuzione capillare e
             uniforme onde saldare fratture territoriali che confinano cittadini vittime di ingiustizie
             spaziali e di etichettamento”.
                90  Ancora P. CHIRULLI, op. ult. cit., 497-498, ove si rimarca che “l’effetto confor -
             mativo non si misura più sul solo valore economico delle aree e sulle proprietà fondiarie,
             ma anche sulla capacità di migliorare la qualità della vita degli abitanti, sulle loro di
             realizzazione, sulla creazione di nuove forme di redistribuzione della ricchezza, intesa
             anche come benessere e qualità della vita: in una parola, bellezza e felicità”.
                91  La felice espressione è ancora di P. CHIRULLI, op. ult. cit., 500. Sul punto anche
             E. BOSCOLO, op. cit., 18.
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