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             sostanzialmente naturale che la loro tutela sia affidata al Comune «in quanto
             ente-esponenziale della comunità più vicina in cui i medesimi sono ubicati e si
             realizza con gli strumenti propri della normativa urbanistica (piani regolatori,
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             regolamenti edilizi, permessi di costruzione e altri titoli edilizi)» .
                La dimensione “allargata” di patrimonio culturale che qui si delinea, che
             evidentemente si presenta più ampia di quella di “patrimonio culturale” come
             definito dall’art. 2, c. 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (basato,
             come noto, su precisi meccanismi di individuazione ex lege o in base alla
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             legge ), non pare peraltro contraddire il disposto dell’art. 9 Cost., a cui comun -
             que ogni riflessione sul patrimonio culturale va necessariamente rapportata. Se
             in effetti è innegabile che il c. 2, nella formula “paesaggio e il patrimonio storico
             e artistico della Nazione” riprende la terminologia della legge 1° giugno 1939,
             n. 1089, è altresì innegabile come il perimetro di applicazione della norma in
             questione si sia progressivamente allargato con l’affermarsi e il dilatarsi della
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             nozione di culturalità , in ragione della maturazione della percezione di essa a
             livello sociale prima ancora che giuridico. Ne consegue come oggi parrebbe op -
             por tuna una lettura ampia del comma secondo, comprensiva anche di quelle
             espressioni di culturalità che non necessariamente trovano individuazione e
             tutela nel Codice del 2004, ma che comunque sono portatrici di valori identitari
             e di civiltà.
                Sul punto, meritano naturalmente un cenno gli stessi piani paesaggistici
             proprio a fronte della loro capacità di intercettare valori culturali particolari.
             Grande rilievo in tal senso rivestono inoltre naturalmente i piani paesag gistici.
             Come noto, infatti, il Codice dei beni culturali e del paesaggio identifica tre
             differenti livelli di tutela di parti del territorio: i beni paesaggistici pro priamente
             detti (ossia quelli di cui all’art. 134), gli eventuali, ulteriori contesti, diversi da
             quelli indicati all’articolo 134, che, pur non “vincolati”, costituiscono comunque
             espressione identitaria per le comunità di riferimento e che, in quanto tali,
             possono essere oggetto specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione (art.
             143, c. 1, lett. e), e infine le aree significativamente compro messe o degradate



                79  Ancora F. SALVIA, loc. ult. cit. Sul punto altresì G. DE GIORGI CEZZI, Il diritto
             all’identità minore, beni culturali e tutela degli status, in E. CASETTA , A. ROMANO, F.G.
             SCOCA (a cura di), Scritti in onore di Leopoldo Mazzarolli, CEDAM, Padova, 2007, III,
             219.
                80  La formula “dalla legge o in base alla legge” ritorna identicamente sia a proposito
             dell’individuazione dei “beni culturali” sia a proposito dell’individuazione dei “beni
             paeaggistici”.
                81  Sul punto, per tutti, A. BARTOLINI, voce Beni culturali, in Enc. Dir., Annali, vol.
             VI, Milano, 2013, 93 ss; S. CASSESE,  I beni culturali da Bottai a Spadolini, in ID,
             L’Amministrazione dello Stato, Milano, 1976, 152 ss.
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