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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili» 129
in relazione a tutte le città e al patrimonio culturale che ognuna cumunque
possiede, ma solo ad alcune di esse con connotati d’eccellenza artistica peculiari.
Se il tratto caratterizzante che ha portato alla ricerca di uno statuto specifico
o di forme di autonomia particolari per gli amministratori locali è comunque
quello della necessità di gestire i flussi turistici particolarmente massicci, vale la
pena però rilevare come anche il dibattito sulla città d’arte possa offrire
un’angolazione interessante. È stato infatti osservato in dottrina come il quid
proprium di una città d’arte consisterebbe proprio nella rappresentazione che
offre la città nell’immaginario collettivo. Così ragionando, sarebbe la compo -
nente immateriale della città, data dalla sua immagine come città d’arte a
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costituirne appunto la peculiarità, anche da un punto di vista giuridico . A
parere della dottrina citata, una visione di tale natura si salderebbe tra l’altro
con le più recenti declinazioni del dibattito sulla natura giuridica dei beni
culturali, ove si è messo in evidenza che le città d’interesse storico-artistico,
come anche i centri storici, oggi costituirebbero un cd. bene culturale immate -
riale a rete: cioè una «rete consistente nella proiezione a rete di una molteplicità
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di beni culturali, a loro volta materiali e immateriali» .
Se è vero che le affermazioni riportate sono riferite non alle città e agli
insediamenti umani nel loro complesso, ma solamente, per così dire, ad una
speciale selezione (di zone all’interno del tessuto urbano oppure di città) degli
stessi, esse consentono di spostare l’attenzione dalla somma dei beni culturali
specificamente protetti e, più in generale, dalla dimensione materiale della città,
al significato complessivo che essa è in grado di esprimere.
Invero, va aggiunto, come entrambi i dibattiti, sui centri storici e sulle città
d’arte, pur diversi nella loro matrice, mostrano chiaramente come la dimensione
(culturale) unicamente materiale della città sia incompleta, monca, mancando
della sua componente più importante cioè l’uomo, come protagonista e non
come mero fruitore per così dire passivo; è infatti proprio la dimensione umana,
di vita e di percezione, a rendere la città realmente culturale.
I termini del dibattito che si sono sinteticamente delineati tuttavia sembrano
indicare una tendenza in atto che segnerebbe il passaggio dal piano materiale a
quello immateriale della città, inteso non già in senso oppositivo al primo ma,
rispetto a quello, in un rapporto complementare in cui la dimensione culturale
immateriale finisce per sorgere e caratterizzarsi anche in forza della sua dimen -
sione materiale e viceversa. Si compie così quel passaggio che è stato felicemente
descritto dalla formula per la quale «La città è un contenitore per accumulare
69 In tal senso, A. BARTOLINI, loc. ult. cit.
70 M. DUGATO, Strumenti giuridici per la valorizzazione dei beni culturali immateriali,
in www.aedon.mulino.it, n. 1/2014.