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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili» 125
seconda della titolarità degli stessi a cui è legato il livello dell’interesse culturale
giustificativo del vincolo. Limitando il discorso ai soli beni immobili che
soprattutto interessano in questa sede, ai sensi dell’art. 10, c. 1 e dell’art. 12, c.
1, del Codice, infatti, solo i beni pubblici e di persone giuridiche private senza
scopo di lucro sono protetti dal Codice (in via di presunzione) a prescindere da
un provvedimento espresso che ne accerti la culturalità (sol che siano opera di
autore non più vivente e che siano stati eseguiti da più di settant’anni);
diversamente per i beni privati (di cui all’art. 10 c. 3, lett. a), occorre un provve -
dimento espresso di dichiarazione di interesse culturale che, tuttavia, assog -
getterà il bene alla protezione del Codice solamente qualora si accerti un inte -
resse particolarmente importante; la stessa disciplina è peraltro riservata a tutti
quei beni che non abbiamo interesse intrinseco, ma la cui culturalità dipenda
da una relazione «con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della
scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali
testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o
religiose». La norma avrebbe potenzialmente un ambito applicativo molto
ampio, capace di intercettare valori culturali forse meno «elitari», ma salda -
mente ancorati anche alla storia più locale; tuttavia, anche in questo caso occorre
un provvedimento autoritativo ministeriale espresso che ne accerti l’interesse
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«particolarmente importante» anche qualora si tratti di beni pubblici . La
diversa declinazione degli interessi e la diversa disciplina dei beni, dunque, a
seconda della titolarità, evidentemente indispensabili a fronte di esigenze di
certezza del diritto e di bilanciamento con il diritto di proprietà, genera così
una protezione “a macchia di leopardo” che, ancor più, rende palese come il
patrimonio della città secondo il Codice sia riferito a beni singoli piuttosto alla
città del suo complesso. A questo si accompagna la constatazione (invero, alme -
no in parte collegata a quanto appenna rilevato), che (soprattutto) nelle città
trovano collocazione res che pur non risultando per qualche ragione ricono -
sciute dal Codice come “beni culturali” veri e propri, rivestono tuttavia per la
collettività un valore identitario particolare.
Non sembra sconfessare la mancanza di una considerazione della città come
bene complesso da parte del Codice, la modifica dell’art. 136, c. 1, lett. c),
effettuata dall’art. 2, d.lgs n. 63/2008, che inserisce esplicitamente «i centri ed
i nuclei storici» tra «i complessi di cose immobili che compongono un caratte -
ristico aspetto avente valore estetico e tradizionale» e che possono divenire beni
paesaggistici in forza di una dichiarazione di notevole interesse pubblico che
63 Sia consentito rinviare alle riflessioni già contenute in C. VIDETTA, La dimensione
del patrimonio culturale tra frammentazione delle conoscenze e unità del sapere, in Nuove
Autonomie, n. 1/2023, 199 ss.