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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili» 123
alle città come bene complesso. Infatti, anche lasciando in disparte ogni conside -
razione relativa al patrimonio culturale immateriale (come noto escluso dall’ap -
plicazione del Codice) ed al legame, più e più volte sottolineato nei documenti
analizzati in questo lavoro, tra patrimonio culturale e “qualità della vita” –
espressione che significativamente non compare mai all’interno del decreto
legislativo in questione –, va ricordato come il Codice, in linea con i testi norma -
tivi che l’hanno preceduto, adotti un approccio al patrimonio di natura puntifor -
me, disegnato sulla selezione top down, ossia autoritativa, di specifici beni
unicamente materiali; tale logica evidentemente finisce per opporsi, sostanzial -
mente, ad una visione complessiva del tema della città che sia diversa dalla
somma algebrica degli (eventuali) specifici immobili culturali che in essa trovano
collocazione e che, soprattutto, tenga nella dovuta considerazione le relazioni
tra i luoghi e la collettività.
Ben potrebbe dirsi, in altre parole, come la città culturale che potrebbe
costruirsi partendo dalle norme codicistiche non è fatta di persone.
Non si vuole evidentemente con questo negare che, in linea con il dettato
dell’art. 9 Cost., c. 1 e 2, ogni tutela è finalizzata e, direi, prima ancora legitti -
mata, in base alla sua capacità di promuovere la cultura degli individui e,
dunque, la formazione spirituale di questi. Quel che preme mettere in evidenza
è come la città che si cercasse di leggere tra le maglie del Codice, sarebbe solo
quella del costruito.
Dunque, anche ammettendo con molte forzature che le norme del Codice
fossero idonee a creare relazioni tra gli ambienti costruiti della città, si potrebbe
disegnare, al limite, utilizzando la terminologia proposta, una «città
culturalmente sostenibile» e non una «città culturale sostenibile».
La seconda parte del Codice è infatti rimasta sostanzialmente impermeabile
alle raccomandazioni internazionali sulla «città culturale sostenibile» ed è
rimasta piuttosto fedele ad una logica che è ancora quella del ritaglio piuttosto
che quella del collegamento; a questo si accompagna una rigida attribuzione a
livello ministeriale di funzioni amministrative in materia di tutela del patrimonio
culturale, nonostante le indicazioni costituzionali di cui all’art. 118, c. 3, Cost.
– ai sensi del quale «La legge statale disciplina (…) forme di intesa e
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali» – che parrebbero
invece favorire la strada della collaborazione quanto meno tra Stato e Regioni
60
in materia ; ne consegue, nei fatti, un vero e proprio intralcio alla piena
60 Sul tema, G. MANFREDI, Il riparto delle competenze in materia di beni culturali e
la leale collaborazione, in Istituzioni del federalismo, 2017, 791 ss.; P.L. PORTALURI, Art.
4, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Giuffrè,
Milano, 2019, 44. Nel senso che l’art. 118, c. 3, Cost. abbia inteso “blindare” le funzioni
di tutela nelle mani dello Stato, concedendo, al massimo, forme di intesa e coordina -