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             sostenibilità entro lo spazio proprio della giustizia sociale, predisponendo
             politiche attente alle differenze e alle disuguaglianze e orientando l’azione alla
             loro eliminazione. Una visione – e un impegno – che, come affermato nel
             preambolo, e poi ripetutamente nel documento, è indubbiamente «somma -
             mente ambiziosa e trasformativa», essendo basata su «uno spirito di rafforzata
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             solidarietà globale» . Ed è proprio lungo il profilo della costruzione di una
             relazionalità solidaristica globale che si delineano le problematicità maggiori:
             esse infatti segnalano la crisi del modello di sviluppo, strettamente individua -
             listico e parcellizzato nelle singole comunità sociali e politiche, che ha presieduto
                                                                        26
             le politiche e le prassi ma che appare ormai non più sostenibile .
                Se dunque i termini di crisi e complessità connotano l’elaborazione teorica
             e l’agire pubblico contingente per la costruzione di una prospettiva sostenibile,
             occorre tuttavia precisare che il confronto con condizioni di crisi non costituisce
             una prerogativa esclusiva del nostro tempo: si può anzi affermare che
                                                                                  27
             l’esperienza di momenti critici caratterizzi da sempre la storia dell’umano .



                25  Tale riferimento alla solidarietà può essere compreso richiamando la riflessione
             che sul tema è stata elaborata da Stefano Rodotà, il quale, nel qualificare la solidarietà
             come “un’utopia necessaria”, rintraccia in essa «un riferimento forte, e obbligante, per
             un diverso agire politico e istituzionale». Cfr. S. Rodotà, Solidarietà. Un’utopia neces -
             saria, Laterza, Roma-Bari, 2014, p. 7.
                26  In questo senso, è stato rilevato come l’attuale modello di sviluppo “non è
             perseguibile, non può durare, in sostanza, non è sostenibile”; cfr. S. Maffettone, “Il
             ruolo dei valori”, Rivista di studi sulla sostenibilità, 1, 2011, p. 19. Sulla necessità di un
             nuovo modello di sviluppo si allinea peraltro la pressoché totalità delle riflessioni
             teoriche. Nell’ampia bibliografia di riferimento, si rinvia a F. Ciaramelli, La distruzione
             del desiderio. Il narcisismo nell’epoca del consumo di massa, Dedalo, Bari, 2005.
                27  Ripercorrendo la storia dell’umanità, è possibile identificare molteplici momenti
             di crisi che hanno costituito il passaggio a nuovi modi e nuove prospettive entro le quali
             inquadrare la relazionalità interumana, determinando la necessità di formulare un
             nuovo paradigma di riferimento. Tra i molti, un esempio emblematico in tal senso è
             rappresentato dal passaggio all’età della tecnica (si rimanda in particolare a M. Hei -
             degger, La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, Mursia, Torino, 1991). Il progresso
             tecno-scientifico ha infatti considerevolmente aumentato le capacità cognitive, provve -
             dendo all’elaborazione e all’implementazione di dispositivi conoscitivi sempre più
             potenti e precisi. Esso ha rappresentato dunque la massima espressione della ragione
             moderna, capace di dominare ogni ambito della conoscenza, ma al contempo ne ha
             segnato altresì la fine. Ogni acquisizione conoscitiva risulta infatti esposta alla possibilità
             del suo superamento poiché essenza della tecnica è proprio la negazione della possibilità
             stessa del limite (cfr. in tal senso, E. Severino, La tendenza fondamentale del nostro
             tempo, Adelphi, Milano, 1998). I processi tecno-scientifici costituiscono così ad un
             tempo il segno della crisi di un modello di razionalità, segna tamente quello elaborato
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