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             in linea col focus sulle persone, di incoraggiare la partecipazione delle comunità
             e ridurre le diseguaglianze.
                Da rimarcare come, ancora una volta, si ribadisca il potenziale della cultura
             al fine di perseguire obiettivi di città pacifiche e tolleranti: si richiama infatti
             (nella quinta raccomandazione) alla necessità di «Favoriser la paix et le dialogue
             interculturel et lutter contre la violence urbaine en s’appuyant sur la diversité
             du patrimoine et de la culture». Si riconferma, in altre parole, che l’azione a
             livello locale valorizza quell’idea di cultura vista come strumento privilegiato
                                                                                46
             per favorire il dialogo e quindi per attuare percorsi di pace tra i popoli . Tale
             prospettazione era invero già pienamente presente nell’atto istitutivo del -
             l’UNESCO del 1945, e soprattutto della Convenzione UNESCO del 1972 sulla
             protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, ma con una angolatura
             ampia ossia finalizzata alla realizzazione di percorsi di pace a livello mondiale
             (prospettiva, questa, evidentemente molto sensibile nel clima politico in cui
             l’Unesco nasce nel secondo dopoguerra); nella «città culturale sostenibile» la
             realizzazione di processi inclusivi e pacificatori a livello locale, e prima di tutto
             cittadini, diviene non solo strumento per affrontare, tra le altre cose, l’impatto
             spesso conflittuale generato localmente (anche) dai massicci processi di immi -
             grazione con evidenti ripercussioni sulla qualità della vità urbana, ma diviene
             altresì il primo passo per implementare percorsi di pace globali che dunque
             possono (e devono) essere visti come la risultante di processi di pacificazione
             locale, raggiunti attraverso la conoscenza reciproca e la condivisione di obiettivi
             comuni in un contesto inclusivo.
                Leggendo in parallelo (soprattutto) le indicazioni restanti con i targets
             dell’obiettivo n. 11 dell’Agenda, emerge una considerazione che pare interes -
             sante marcare. A ben vedere infatti, la Dichiarazione di Hangzhou del 2015 si
             preoccupa di evidenziare in modo chiaro il contributo che può essere dato dalla
             cultura nella realizzazione di alcuni dei targets in questione.
                In altre parole, se il goal 11 dell’Agenda pareva delineare una «città cultural -
             mente sostenibile», ossia una città la cui sostenibilità deve misurarsi, come si è
             visto, anche il relazione alla sua capacità di «proteggere e salvaguardare» il suo
             patrimonio culturale e naturale, sembra potersi affermare come il contributo
             fondamentale al tema dato soprattutto dalla Dichiarazione del 2015 sia piuttosto
             quello di disegnare una vera e propria «città culturale sostenibile», ove cioè tutte



                46  Sul punto, significativamente la Convenzione Unesco del 2005 sottolinea, già nel
             Preambolo, l’importanza della cultura quale strumento di “coesione sociale in generale”
             e, coerentemente, indica tra gli scopi della Convenzione stessa quello di “promuovere
             il dialogo interculturale, al fine di garantire a livello internazionale scambi culturali più
             intensi ed equilibrati, favorendo così il rispetto interculturale e una cultura della pace”
             (art. 1, lett. c).
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