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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili»             107


            ugualmente portata sia su grandi città che su piccole realtà, che potrebbero
            venire dimenticate anche a fronte di logiche di mercato che portano a trascurare
            zone più isolate.
               Dovendo ricercare il significato dell’espressione «world’s cultural and natural
            heritage» di cui al target n. 11.4, non si può peraltro sottovalutare il fatto che
            l’Agenda menzioni il patrimonio culturale nel goal dedicato alla città. Tale scelta
            pare poter dimostrare, anche sulla base di quanto già innanzi rilevato, lo stretto
            legame tra il patrimonio culturale stesso e il benessere dell’uomo nell’ambiente
            in cui trascorre in prevalenza il tempo. Nella visione dell’Agenda, dunque, il
            patrimonio culturale è elemento essenziale della città sostenibile e, conseguen -
                                                                         41
            temente, è elemento indispensabile a garantire una vita di qualità .
               A parere di chi scrive, pertanto, il concetto di «patrimonio culturale»
            contenuto nel Programma del 2015 sembra piuttosto riprendere quello di
            «patri monio urbano» di cui alla Raccomandazione Unesco del 2011 concer -
            nente il paesaggio urbano storico, secondo la quale «il patrimonio urbano
            costituisce per l’umanità un bene sociale, culturale ed economico, definito da
            una stratifi cazione storica di valori che sono stati prodotti dal succedersi di cul -
            ture passate e contemporanee e un accumulo di tradizioni e di esperienze, rico -
            no sciute come tali nella loro diversità», evidentemente inclusivo tanto del patri -
            monio mondiale dell’umanità (di cui alla Convenzione UNESCO per la prote -
            zione del patrimonio mondiale, culturale e naturale del 1972), quanto ad un
            concetto più ampio e maturo, esteso anche al patrimonio immateriale e alle
            differenze culturali.
               Ci si potrebbe allora chiedere perché l’Agenda 2030 faccia riferimento al
            patrimonio culturale «del mondo», visto che la dimensione parrebbe essere
            segnatamente locale. La risposta al quesito pare almeno duplice. In primo luogo,
            deve essere richiamata la solenne affermazione contenuta nel Preambolo della
            Convenzione dell’Aja del 1954 per comprendere il significato di tale propo -




               41  D’altro canto, già la Convenzione di Istanbul, quasi 20 anni prima, nel momento
            in cui prescriveva la «Conservation and rehabilitation of the historical and cultural
            heritage», metteva in evidenza come «Historical places, objects and manifestations of
            cultural, scientific, symbolic, spiritual and religious value are important expressions of
            the culture, identity and religious beliefs of societies» e dunque «Their role and impor -
            tance, particularly in the light of the need for cultural identity and continuity in a rapidly
            changing world, need to be promoted» ; e ancora «Buildings, spaces, places and
            landscapes charged with spiritual and religious value represent an important element
            of stable and humane social life and community pride». Per tale ragione, si affermava
            la necessità che il Governi agissero per identificare, promuovere la consapevolezza,
            adeguati finanziamenti e supporto legale a «areas, sites, landscapes, ecosystems,
            buildings and other objects and manifestations».
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