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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili»             111


            evidenziare lo stretto legame tra ruolo del patrimonio culturale, nelle sue
            differenti declinazioni, e il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità.
               Fin dall’inizio dunque il documento pone in rilievo il ruolo della cultura
            come veicolo di realizzazione di quella che ben si può chiamare la «città culturale
            sostenibile»: una città cioè dove la dimensione umana è al centro delle politiche
            perché proprio tale dimensione rappresenta l’«anima» della città, ciò che la
            rende diversa e speciale dalle altre e degna di essere vissuta. In altre parole, se
            la cultura è, per eccellenza, l’espressione di una comunità sociale e degli indivi -
            dui che la compongono e se le città sono guardate valorizzando il profilo dello
            sviluppo umano, essa deve trovare naturalmente e fisiologicamente una
            collocazione privilegiata all’interno delle politiche che le riguardano.
               In questa prospettiva, pare potersi senz’altro sostenere che la Dichiarazione
            si ponga in linea con l’Agenda 2030 che, come si è già rilevato, metteva l’accento,
            rispetto ai documenti sullo sviluppo sostenibile precedenti sulla «qualità della
            vita» nella città e, dunque, sugli individui. La Dichiarazione tuttavia, più esplici -
            tamente dell’Agenda 2030 parla di «villes centrées sur les personnes» racco -
            mandando di «Humaniser les villes par la culture afin de renforcer leur habita -
            bilité et permettre aux personnes d’établir des liens avec leurs communautés et
            de modeler leurs environnements urbains»: in questo modello di città, si realizza
            dunque l’integrazione delle tre componenti essenziali della città stessa, cioè
            l’ambiente urbano, la comunità e l’individuo, ove questi ultimi non sono soggetti
            passivi di politiche eteroimposte, ma diventano protagonisti della fisionomia
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            della città, materiale e immateriale .
               Particolarmente pregnanti poi le raccomandazioni di valorizzare i beni
            culturali e il potenziale umano delle città nella transizione economica anche al
            fine di eliminare la povertà; di promozione della cultura e della creatività nello
            sviluppo, nella rigenerazione e nel riuso adattativo urbano; di perseguire
            l’obiettivo di città multiculturali inclusive attraverso il riconoscimento della
            diversità culturale attraverso la promozione di partenariati collaborativi al fine,



               45  Impossibile in questo senso non cogliere il richiamo a quanto già scritto quasi 20
            anni prima nella Synthèse du Rapport, Nôtre diversité créatrice, Rapport de la Com -
            mission Mondiale de la culture et du développement, 1996 : «Séparé de son contexte
            humain ou culturel, le développement n’est guère qu’une croissance sans âme (…) la
            culture ne peut être réduite au rang de simple catalyseur de la croissance économique
            (ou de frein à cette croissance). Son rôle ne se limite pas à servir telle ou telle fin – meme
            si, dans une optique plus etroite, elle joue effectivement ce rôle -, car elle est le substrat
            social des fins elles-memês. Le développement et l’economie son en effet des aspects
            de la culture d’un peuple (…) Dés lors que l’on cesse d’attribuer à la culture un rôle
            purement instrumental pour lui reconnaître un rôle constructif, constitutif et créatif, il
            apparaît clairement que le progrès culturel est une dimension du développement».
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