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             sizione: «i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano,
             costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché ogni
             popolo contribuisce alla cultura mondiale», affermazione, questa, idealmente
             completata da quella contenuta nella convenzione Unesco del 2005, secondo la
             quale la diversità culturale «rappresenta un patrimonio comune dell’umanità e
             che dovrebbe essere valorizzata e salvaguardata a beneficio di tutti» e «crea un
             mondo prospero ed eterogeneo in grado di moltiplicare le scelte possibili e di
             alimentare le capacità e i valori umani, rappresentando quindi un settore essen -
             ziale per lo sviluppo sostenibile delle comunità, dei popoli e delle nazioni»; a
             questo va peraltro aggiunto (ma certamente è osservazione che si collega a quella
             appena fatta) che il contesto socio politico in cui l’Agenda si colloca è quello
             che mette al centro un cittadino per così dire «globale», che fruisce (e deve
                                                                                     42
             poter fruire) di un patrimonio culturale indipendentemente dalla cittadinanza .
                Non deve peraltro dimenticarsi che l’Agenda ha una vocazione globale:
             l’intervento sulle città è funzionale al raggiungimento di un mondo sostenibile
             e questo mondo non è costituito dalla somma algebrica di tanti insediamenti
             umani, separati gli uni dagli altri, monadi in un deserto del nulla; il fatto che si
             parli di città e insediamenti urbani, qualunque essi siano, e che si insista sulla
             necessità di «supportare i positivi legami economici, sociali e ambientali tra aree
             urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazio -
             nale e regionale» (11.a) mostra come le città siano connesse tra di loro e debbano
             essere collegate al mondo nel suo complesso. Ben può dirsi allora come, se
             l’intervento sulla città è indispensabile perché, come si è visto, è qui che si gioca
             la prima partita della qualità della vita, è anche vero che le città sono collegate
             a livello globale e si connettono al mondo anche (ed esplicitamente) tramite il
             patrimonio culturale che, al tempo stesso, le relaziona (quali componenti) ad
             un tutto e le distingue le une dalle altre, ma soprattutto mette in relazione tutti
             gli individui.
                Quanto osservato non deve tuttavia indurre a pensare al patrimonio
             culturale, nella latitudine che si è accolta, come a qualcosa di «statico». La città
             proposta dall’Agenda 2030 è, infatti, a ben vedere, quella di una realtà in peren -
             ne evoluzione, come peraltro testimoniato dall’uso all’interno dei vari targets di
             verbi che esprimono tale dinamismo, come «riqualificare», «migliorare» e
             «potenziare»; in tale prospettiva, l’attenzione al patrimonio culturale non deve
             essere pensata come dissonante rispetto a tale idea. Leggendo, dunque, il target
             11.4 alla luce di questa considerazione, sembra lecito sostenere come se la città
             non deve dimenticare la propria storia, questo non significa che il patrimonio




                42  Sulla globalizzazione del patrimonio culturale, v. per tutti L. CASINI (a cura di),
             La globalizzazione dei beni culturali, Il Mulino, Bologna, 2010.
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