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100 Cristina Videtta
A bene vedere, tuttavia, vanno doverosamente fatte alcune considerazioni
aggiuntive.
Nel cogliere il cambiamento, la Convenzione Unesco del 2005 guarda invero
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al tema in una duplice prospettiva: non solo culturale ma anche economica .
Anzi, a ben vedere, va detto che analizzando il linguaggio di questa, parrebbe
possibile rintracciare la prevalenza proprio di disposizioni di tale natura. Tanto
il Preambolo quanto le definizioni proposte sembrerebbero infatti enfatizzare
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proprio tale dimensione .
Convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle
espressioni culturali illustra il nuovo ruolo che occupa la diversità culturale a livello
internazionale: la Comunità e i suoi Stati membri si sono impegnati, quali parti
contraenti, a costruire un nuovo pilastro di governance mondiale e di sviluppo soste -
nibile in ambito culturale, soprattutto attraverso il rafforzamento della cooperazione
internazionale”.
34 Significativamente nel preambolo si legge “le attività, i beni e i servizi culturali
hanno una doppia natura, economica e culturale, in quanto portatori d’identità, di valori
e di significato e non devono quindi essere trattati come aventi esclusivamente un valore
commerciale”. Un cenno in tal senso è rinvenibile nella Dichiarazione sulle differenze
culturali del 2001:«Articolo 3 – La diversità culturale, fattore di sviluppo. – La diversità
culturale amplia le possibilità di scelta offerte a ciascuno; è una delle fonti di sviluppo,
inteso non soltanto in termini di crescita economica, ma anche come possibilità di
accesso ad un’esistenza intellettuale, affettiva, morale e spirituale soddisfacente». Si
legga per tutti, A. GATTINI, La Convenzione Unesco sulla protezione e promozione della
diversità culturale e regole WTO, in L. ZAGATO (a cura di), Le identità culturali, cit.,
191 ss. Va rilevato come il tema della relazione tra globalizzazione e cultura era stato
colto in Europa in particolare con la Comunicazione della Commissione Europea «The
UE approach to the WTO Millenium Round» del 1999 la quale, si interrogava circa
l’impatto della globalizzazione e della liberalizzazione del commercio su «em ployment,
wealth distribution, development, the environment, consumer health and protection»
e anche sulla «cultural diversity» (Commissione Europea, Comunicazione al Consiglio
e al Parlamento, “The UE Approach to the WTO Millennium Round”, COM (1999),
331 final, 8.7.1999): “A distinction must of course be made between the system
represented by WTO and the phenomenon of globalisation. Globalisation is mainly
driven by technology and by the action of economic operators, but liberalisation of
trade and financial systems has acted as an important facilitator. The challenge for
governments and the WTO in future is how to continue to develop the multilateral
trad ing system in a way that secures the maximum benefits of globalisation for
sustainable development. The WTO’s principal role is in providing a framework of
rules that guarantee transparency and non-discrimination, and which protect WTO
members, particularly smaller ones, from the threat of unllateral actions”. In proposito
si è notato in letteratura come “l’introduzione del nuovo concetto “diversità culturale”,
non deve essere visto solo come il frutto di un maquillage semantico, ma è il segno di