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             stimento nel mondo hanno aperto nuove sfide e nuove opportunità per il con -
             seguimento di uno sviluppo sostenibile», ma parallelamente avvertiva che i
             relativi benefici e costi non sono distribuiti equamente.
                Bisogna tuttavia attendere proprio la Convenzione Unesco del 2005 perché
             sia messo a fuoco il tema specifico dell’impatto della globalizzazione sul
             patrimonio culturale, raccogliendone la sfida. Si legge nel preambolo, in linea
             con i documenti citati, come «i processi di globalizzazione, agevolati dalla rapida
             evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, se hanno
             contribuito a stabilire condizioni inedite capaci di consolidare l’interazione
             interculturale, rappresentano anche una sfida per la diversità culturale, segnata -
             mente nell’ambito dei rischi di squilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri».
                Invero va necessariamente rimarcato come la globalizzazione, facilitando gli
             scambi, non crei di per sè nuove differenze, ma piuttosto agevoli l’emersione e
             il confronto tra culture diverse. Questo è evidentemente un fatto da cui non si
             può prescindere e che, rimanendo sul piano dell’impatto sulla cultura, crea
             conseguenze positive in termini di conoscenza e arricchimento reciproco, ma
             parallelamente genera rischi di frizioni tra culture diverse, di prevalenza di
             quelle più forti e, dunque, di omologazione e smarrimento irreversibile della
             diversità. Non è invero una novità, dato che le culture da sempre vengono in
             contatto generando fenomeni di ibridazione; ciò che differenzia il presente dal
             passato è la dimensione del fenomeno, sia perché di portata planetaria, sia
             perché gli scambi sono più intensi e dunque i rischi di perdite di identità
             culturali molto più forti.
                A ciò si aggiunga come negli ultimi decenni del secolo scorso la percezione
             della cultura si sia sensibilmente modificata e abbia iniziato ad essere percepita,
             come si è detto, come realtà in evoluzione. Un indizio significativo di tale nuova
             sensibilità si coglie senza dubbio all’interno della Convenzione Unesco del 2003
             che, definendo il patri monio culturale immateriale, afferma esplicitamente come
             «Questo patri monio culturale immateriale, trasmesso di generazione in genera -
             zione, è costan te mente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro
             ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso
             d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità
             culturale e la creatività umana». Ancor più chiaramente, la Conven zione del
             2005 affermerà nel suo preambolo «considerando che la cultura assume forme
             diverse nel tempo e nello spazio e che questa diversità è riflessa nell’originalità e
             nella pluralità delle identità, così come nelle espressioni culturali delle società e
             dei popoli umani».
                L’osservazione appare pregnante. Certamente infatti l’acquisizione di tale
             con sapevolezza gioca un ruolo determinante nella possibilità di accostare la
             dimensione culturale allo sviluppo sostenibile, collocandola in quella prospettiva
             dinamica che caratterizza inevitabilmente l’idea stessa di «sviluppo sostenibile»,
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