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98 Cristina Videtta
stimento nel mondo hanno aperto nuove sfide e nuove opportunità per il con -
seguimento di uno sviluppo sostenibile», ma parallelamente avvertiva che i
relativi benefici e costi non sono distribuiti equamente.
Bisogna tuttavia attendere proprio la Convenzione Unesco del 2005 perché
sia messo a fuoco il tema specifico dell’impatto della globalizzazione sul
patrimonio culturale, raccogliendone la sfida. Si legge nel preambolo, in linea
con i documenti citati, come «i processi di globalizzazione, agevolati dalla rapida
evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, se hanno
contribuito a stabilire condizioni inedite capaci di consolidare l’interazione
interculturale, rappresentano anche una sfida per la diversità culturale, segnata -
mente nell’ambito dei rischi di squilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri».
Invero va necessariamente rimarcato come la globalizzazione, facilitando gli
scambi, non crei di per sè nuove differenze, ma piuttosto agevoli l’emersione e
il confronto tra culture diverse. Questo è evidentemente un fatto da cui non si
può prescindere e che, rimanendo sul piano dell’impatto sulla cultura, crea
conseguenze positive in termini di conoscenza e arricchimento reciproco, ma
parallelamente genera rischi di frizioni tra culture diverse, di prevalenza di
quelle più forti e, dunque, di omologazione e smarrimento irreversibile della
diversità. Non è invero una novità, dato che le culture da sempre vengono in
contatto generando fenomeni di ibridazione; ciò che differenzia il presente dal
passato è la dimensione del fenomeno, sia perché di portata planetaria, sia
perché gli scambi sono più intensi e dunque i rischi di perdite di identità
culturali molto più forti.
A ciò si aggiunga come negli ultimi decenni del secolo scorso la percezione
della cultura si sia sensibilmente modificata e abbia iniziato ad essere percepita,
come si è detto, come realtà in evoluzione. Un indizio significativo di tale nuova
sensibilità si coglie senza dubbio all’interno della Convenzione Unesco del 2003
che, definendo il patri monio culturale immateriale, afferma esplicitamente come
«Questo patri monio culturale immateriale, trasmesso di generazione in genera -
zione, è costan te mente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro
ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso
d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità
culturale e la creatività umana». Ancor più chiaramente, la Conven zione del
2005 affermerà nel suo preambolo «considerando che la cultura assume forme
diverse nel tempo e nello spazio e che questa diversità è riflessa nell’originalità e
nella pluralità delle identità, così come nelle espressioni culturali delle società e
dei popoli umani».
L’osservazione appare pregnante. Certamente infatti l’acquisizione di tale
con sapevolezza gioca un ruolo determinante nella possibilità di accostare la
dimensione culturale allo sviluppo sostenibile, collocandola in quella prospettiva
dinamica che caratterizza inevitabilmente l’idea stessa di «sviluppo sostenibile»,