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96 Cristina Videtta
di tutti, senza discriminazioni di razza, di sesso, di lingua o di religione, e che la
Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli» e, peraltro, proprio al fine
di preservare tale diversità essa dichiarava esplicitamente di astenersi dall’inter -
venire «in qualsiasi modo nelle materie dipendenti essenzialmente dalla loro
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giurisdizione interna» (art. 3) .
Significativamente, pochi anni dopo, la Convenzione dell’Aja del 1954, sulla
protezione del patrimonio culturale in tempo di guerra, afferma nel suo «Pream -
bolo» che «i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi apparten -
gano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché
ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale», riconoscendo così la parità dei
patrimoni culturali di tutti i popoli della terra e la necessità di proteggere quel
«patrimonio culturale dell’umanità intera» nella sua intrinseca e fisiologica
diversità.
Se evidentemente siamo ancora lontani dalla previsione di un collegamento
con lo sviluppo economico e/o sociale, risulta confermato come la protezione
delle differenze culturali costituisca la vera base su cui l’attività dell’Unesco
trova il suo fondamento.
A partire dagli anni 70 si accende, altresì, l’attenzione in modo esplicito sulle
generazioni future, alle quali viene destinata tanto la protezione del patrimonio
culturale quanto quella dell’ambiente. È in effetti significativo come nello stesso
anno (il 1972) sia possibile ritrovare sia la Convenzione Unesco del 1972, sulla
protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale, che espressamente
identifica appunto le generazioni future come naturali destinatarie del patri -
monio culturale e naturale oggetto di protezione, sia la Dichiarazione delle
Nazioni Unite sull’ambiente umano di Stoccolma la quale sancisce solenne -
mente il dovere dell’uomo «di proteggere e migliorare l’ambiente a favore delle
generazioni presenti e future» (principio n. 1). A partire da questo momento,
come si è visto, le generazioni future divengono protagoniste di ogni riflessione
sullo sviluppo sostenibile.
Nel 1997, peraltro, proprio alle generazioni future è dedicata una specifica
Dichiarazione UNESCO che espressamente conferma come «il compito
consistente nell’assicurare, particolarmente attraverso l’istruzione, la protezione
dei bisogni e interessi delle generazioni future costituisce una dimensione
31 Osserva L. PINESCHI, Convenzione sulla diversità culturale e diritto internazionale
dei diritti umani, in L. ZAGATO (a cura di), Le identità culturali nei recenti strumenti
Unesco. Un approccio nuovo alla costruzione della pace?, Cedam, Padova, 2008, 162,
che se “questa clausola trova la sua principale ragione d’essere nella volontà di rassi -
curare gli Stati, piuttosto che in una specifica preoccupazione per la diversità culturale
in sé”, è comunque significaticativo che “l’Organizzazione sorga nel rispetto delle
diverse culture, non certo con l’obiettivo di imporre parametri culturali uniformi”.