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La realizzazione della qualità della vita nelle «città sostenibili» 99
che prende atto realisticamente di un mondo in cambiamento e ricerca le linee
politiche per gestire al meglio tale tasformazione. Per altro verso, proprio tale
acquisita consapevolezza rende ancor più delicato il discorso sulla protezione
delle differenze, posto che queste non sono più percepite come cristallizzate,
sempre uguali a se stesse, ma sono realisticamente in continuo divenire.
L’impegno dei Governi a rispettare le differenze culturali, si traduce così nel
difficile compito di garantire una convivenza pacifica tra culture differenti, da
una parte contrastando fenomeni di isolamento e segregazione dei gruppi che
questo può causare e, all’opposto, soprattutto, garantendo l’interazione dei
gruppi stessi nel rispetto reciproco delle peculiarità di ciascuna e promuovendo
altresì uno stimolo alla evoluzione e al cambiamento fondato sull’arricchimento
reciproco. Un impegno non semplice che, tuttavia, trova espressione per esem -
pio nel Preambolo della citata Convenzione Unesco del 2003 ove si riconosce
che «le comunità, in modo particolare le comunità indigene, i gruppi e in alcuni
casi gli individui, svolgono un ruolo importante per la salvaguardia, la
manutenzione e il ripristino del patrimonio culturale immateriale contribuendo
in tal modo ad arricchire la diversità culturale e la creatività umana».
Diversità e trasformazione culturale sono pertanto nelle cose e la vera sfida
consiste nell’imparare a gestirle evitando l’omologazione e la sopraffazione di
un gruppo su un altro.
E proprio questa la grande novità che distingue nettamente la Convenzione
Unesco del 2005 da quelle precedenti: se la differenza culturale è tema noto,
come si è visto, fin dall’istituzione dell’Unesco, nel 2005 essa assurge alla
posizione di vero e proprio oggetto di protezione, in modo diretto e non, come
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in passato, attraverso oggetti specifici .
Secondo quanto più sopra osservato, pare dunque il rispetto delle differenze,
nella sua declinazione sociale, a guidare il percorso di convergenza tra cultura
e sviluppo sostenibile, che, come si è visto trova il suo compimento nel principio
n. 6 della Convenzione del 2005, ove espressamente è «la diversità culturale»
ad essere patrimonio sostanziale della società ed è ancora la stessa diversità
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culturale a costituire fondamento irrinunciabile dello sviluppo sostenibile .
32 Era questa infatti l’impostazione della Convenzione del 1970 (Convenzione
concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione,
esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali), di quella, già più volte
citata, del 1972, o ancora alla stessa Convenzione del 2003 (per la salvaguardia del
patrimonio culturale immateriale).
33 Di interesse la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni,
Comunicazione su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione
(Bruxelles, 10.5.2007 COM(2007) 242 definitivo): “La rapida entrata in vigore della