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82aPATRIZIA ARENA
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seguito all’accusa di coinvolgimento nella cosiddetta congiura viniciana . Il
primo marito, L. Aelius Lamia, era membro di un’antica e illustre famiglia
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legata ai Giulio-Claudi, amico e confidente di Tito . Fu console suffetto
nell’80, ricevendo i fasci il 14 gennaio proprio da Tito e Domiziano, consoli
ordinari, e detenendoli per un lungo periodo di tempo, segno della sua stretta
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vicinanza alla dinastia regnante . Grazie al divorzio di Domitia da lui, avve-
nuto maniera amichevole con il placet dei Plautii, proprio in considerazione
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dei vincoli che univano la gens con i Flavi e con i Domitii Corbulones , e
grazie al conseguente matrimonio con il secondogenito del nuovo imperato-
re, si ripristinavano le relazioni con alcune delle grandi famiglie nuove che si
erano spaccate nell’ultimo periodo del principato neroniano e durante le
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guerre civili, e si riabilitava altresì la casata dei Plautii . In tal modo Domi-
ziano aveva ottenuto legami parentali con molti esponenti dell’opposizione
antineroniana e antitirannica; inoltre, in considerazione della consanguineità
della consorte con la dinastia giulio-claudia, non solo corroborava la sua le-
gittimità dinastica, ma anche quella dei figli maschi che sarebbero nati dalla
loro unione e sarebbero divenuti possibili successori al trono. Infine eredita-
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va la rete di clientele di Corbulone, soprattutto quelle militari . Come evi-
denzia U. Morelli, furono Licinio Muciano, Aurelio Fulvo, Rutilio Gallo e
successivamente Giulio Frontino a vigilare sulla tenuta dell’accordo politico
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che si fondava sulle nozze di Domitia Longina con il figlio di Vespasiano .
Secondo quanto è stato ricostruito, si trattava di personaggi eminenti che eb-
bero una lunga carriera anche sotto Domiziano. Domitia, erede delle clien-
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43 PIR III, D 142, p. 45-47; VERVAET, 2003, p. 436-464.
44 Era figlio di Ti. Plautius Silvanus Aelianus, legato di Mesia sotto Nerone, che si era vi-
sto negare gli ornamenta triumphalia nonostante i suoi meriti: HALKIN, 1934, p. 132-133;
SYME, 1982, p. 406; JONES, 1992, p. 184. Su Ti. Plautius Silvanus Aelianus e sulla sua carrie-
ra, ECK, 1980, p. 60 s.; VIDMAN, 1982, p. 290-291; SYME, 1988 c, p. 609-610.
45 PIR I, A 205, p. 36; GALLIVAN, 1981, p. 189; JONES, 1992, p. 184-185. Secondo Sve-
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tonio fu condannato a morte per innoxii ioci, scherzosi motteggi, che gli erano permessi per la
familiarità con la famiglia imperiale: Suet., Dom. 10.4; essi però risalivano agli esordi del
principato di Vespasiano e avrebbero costituito un capo d’accusa troppo inconsistente per un
uomo di rilievo come Lamia. L’altro accenno alla sua morte è contenuto nella satira IV di
Giovenale, vv. 154-155, che sembra suggerire una datazione tarda per la sua eliminazione,
concomitante forse con quella di Flavius Clemens, dunque nel 95.
46 Riguardo ai legami familiari tra i Plautii e i Giulio-Claudi, al circolo di Germanico, ai
rapporti tra i Plautii e i Vitelli, vd. VERVAET, 2000 b, p. 102-107; PANI, 2003, p. 59-65.
47 Il padre di Aelius Lamia fu presto ricompensato da Vespasiano con svariati onori: il go-
vernatorato della Spagna Tarraconense, la prefettura dell’Urbe, gli ornamenta triumphalia per
quanto aveva realizzato in Mesia sotto l’ultimo dei Giulio-Claudi dal 61 al 66/7, il consolato
iterum nel 74.
48 SYME, 1977, p. 78-92; NICOLS, 1978, p. 118 s.; JONES, 1992, p. 18; VERVAET, 2000 b, p.
103, 106-107; VERVAET, 2003, p. 453-463; MORELLI, 2014, p. 21, 27-45.
49 MORELLI, 2014, p. 59-63.