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192aGAETANO ARENA

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                           di comportamento tirannico . Anche se i Quintilii presero atto della volontà
                           dell’assemblea riunitasi ad Atene, fu subito chiaro che l’attacco era stato ac-
                           curatamente  preparato  da  alcuni  accaniti  nemici  politici  di  Erode,  i  quali
                           avrebbero essi stessi inviato una delegazione a Marco Aurelio nella speranza
                           di ottenerne una sentenza di colpevolezza contro l’illustre sofista: si trattava
                           di Claudius Demostratus, il suo antico rivale, Aelius Praxagoras e Valerius
                           Mamertinus, «tutti appartenenti a quel gruppo assai ristretto di famiglie di
                           notabili che in pratica monopolizzarono la gestione delle cariche ad Atene
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                           nel II secolo» . Erode li accusò presso il tribunale del governatore di aver
                           sobillato il popolo e la lite giudiziaria fu addirittura discussa alla presenza
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                           dell’imperatore . Così, intorno al 173, a seguito della contesa sorta fra Ero-
                           de e gli Ateniesi che lo accusavano di aspirare alla tirannide, il sofista do-
                           vette presentarsi al cospetto dell’imperatore a Sirmium in Pannonia, dove si
                           trovava in quel momento il suo quartier generale durante la spedizione mar-
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                           comannica ; gli avversari di Erode ebbero l’appoggio di Faustina e persino
                           della figlia di tre anni, Vibia Aurelia Sabina, la quale, ancora balbettante e
                           con tante moine, gettandosi ai piedi del padre, lo pregava di salvare gli Ate-
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                           niesi , contro il sofista accompagnato dal liberto Alcimedonte – l’aggressore
                           di Regilla (!) – e dalle sue due figlie gemelle, allevate da Erode come se fos-
                           sero proprie. Nella notte le due fanciulle sarebbero morte a causa di un ful-
                           mine abbattutosi nella torre in cui risiedevano: Erode, completamente fuori
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                           di sé per il tragico incidente , non solo non perorò la propria causa durante
                           il dibattimento, ma inveì a sproposito persino contro l’imperatore, dicendo di
                           subire  le  conseguenze  dell’ospitalità  data  a  Lucio  Vero  poco  prima  della
                           campagna partica e accusando l’imperatore di essere completamente soggio-
                           gato dalla volontà della moglie e della figlioletta (ὅθεν δικάζεις, γυναικί με
                           καὶ τριετεῖ παιδίῳ καταχαριζόμενος); Marco, tuttavia, si mostrò ancora una
                           volta molto comprensivo, limitandosi a infliggere pene miti ai liberti di Ero-
                                                                           85
                           de e risparmiando a quest’ultimo qualunque punizione . Il racconto di Filo-
                           strato, non chiarissimo né privo di lacune, mostra tuttavia di essere affidabile



                             79  POMEROY, 2007 = 2009, p. 152-153.
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                             80  LEWIN, 1995, p. 49. Philostr., VS 2.1.559-561. PIR  VI, P 932, p. 391-392; STEIN, 1928,
                           c. 951.
                             81  Philostr., VS 2.1.559-561; OLIVER, 1970, p. 66-72; CIVILETTI, 2002, p. 523 nt. 114.
                             82  FOLLET,  1979,  p.  29-43;  OLIVER,  1970,  p.  66-71;  AMELING,  1983,  I,  p.  136-151;
                                    2
                           BIRLEY, 2011 , p. 180-181; MIGLIORATI, 2011, p. 472-473.
                             83  Philostr., VS 2.1.560: φιλανθρώπως δὲ πρὸς αὐτοὺς ἔχειν αὐτός τε ἑαυτὸν ἐπεπείκει καὶ
                           τῇ  γυναικὶ  ἐπέπειστο  καὶ  τῷ  θυγατρίῳ  ψελλιζομένῳ  ἔτι,  τοῦτο  γὰρ μάλιστα ξὺν πολλοῖς
                           θωπεύμασι περιπῖπτον τοῖς γόνασι τοῦ πατρὸς ἐδεῖτο σῶσαί οἱ τοὺς Ἀθηναίους.
                             84  Philostr., VS 2.1.559-561.
                             85  Philostr., VS 2.1.559-561; OLIVER, 1970, p. 83; AMELING, 1983, I, p. 146; TOBIN, 1997,
                           p. 38.
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