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20 Maria Borrello
possibilità del futuro, conformemente a quanto disposto dal Rapporto, impone
allora un rivolgimento etico che trova al suo centro una soggettività aperta,
capace quindi di accogliere e includere un futuro inteso nei termini di un’alterità
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che irrompe e che, essa sì, dispone le scelte da assumere . Più coerente con
l’obiettivo dell’impegno assunto nel Rapporto, così come nei documenti susse -
guenti elaborati sul tema della sostenibilità, è l’idea che debba essere il futuro a
disporre il presente. Sembra infatti opportuna, in termini di efficacia delle scelte
assunte e da assumere, una inversione nella rappresentazione della relazione tra
presente e futuro per la quale non è il presente a “farsi carico del futuro”,
secondo una locuzione ampiamente invalsa nell’uso, determinandolo e di fatto
dominandolo; ma è piuttosto il futuro, inteso come campo aperto di possibilità,
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a incidere nei modi di rappresentazione e di gestione del presente . L’inversione
proposta conduce dunque a considerare il presente in una condizione di
dipendenza dal futuro o, secondo una formulazione più incisiva, in una
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condizione debitoria che investe e lega i soggetti presenti e i soggetti futuri. È
precisamente in questo senso che può essere compreso il riferimento al termine
“comune”.
Nella formulazione scelta dal Rapporto Bruntdland, ‘comune’ è il secondo
termine che ordina ed esplicita il senso dell’agire sostenibile, ma può essere
considerato come il focus primario per la comprensione del rapporto che
intercorre tra sostenibilità e futuro: questo nostro futuro è infatti un futuro
comune, nel senso che ci accomuna. Esprime un significato unitivo: questa
comunanza, in altri termini, determina l’insorgere di un noi che procede dal
riconoscimento di una necessaria co-appartenenza. Tale qualificazione esplicita
56 L’ipotesi teorica della necessità di una riformulazione della soggettività nei termini
dell’apertura accompagna dal secolo scorso le elaborazioni teoriche etiche in particolare
di matrice fenomenologica. Senza intrattenersi sulle specificità rintracciabili nei diversi
contributi, importa ivi rilevare come il dispositivo ermeneutico dell’apertura lasci intatta
la portata significante espressa dal riferimento al futuro, ma al contempo consenta di
individuare lo spazio di senso di un soggetto collettivo, colto appunto nella «diacronia
di un futuro che lo abita» (cfr. in tal senso, F. Menga, Etica intergenerazionale, cit., p.
27). L’apertura permette dunque di invertire la relazione tra presente e futuro, ponendo
quest’ultimo al principio del primo, come sua modalità significante.
57 Come già ricordato, in tal senso Jacques Derrida definisce il presente come una
traccia del futuro. Cfr. J. Derrida, Ousia et grammé, Marges de la philosophie, cit., in
particolare, pp. 102-103. Sono peraltro molteplici le riflessioni fenomenologiche che si
intrattengono su questa modalità della temporalità. Tra altri, si veda J.-L. Nancy, Essere
singolare plurale, Einaudi, Torino, [1996], 2001.
58 Si rinvia, in tal senso, a M. Hénaff, “Le lien entre générations et la dette du temps”,
in Esprit, 2018 (versione online).