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             possibilità del futuro, conformemente a quanto disposto dal Rapporto, impone
             allora un rivolgimento etico che trova al suo centro una soggettività aperta,
             capace quindi di accogliere e includere un futuro inteso nei termini di un’alterità
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             che irrompe e che, essa sì, dispone le scelte da assumere . Più coerente con
             l’obiettivo dell’impegno assunto nel Rapporto, così come nei documenti susse -
             guenti elaborati sul tema della sostenibilità, è l’idea che debba essere il futuro a
             disporre il presente. Sembra infatti opportuna, in termini di efficacia delle scelte
             assunte e da assumere, una inversione nella rappresentazione della relazione tra
             presente e futuro per la quale non è il presente a “farsi carico del futuro”,
             secondo una locuzione ampiamente invalsa nell’uso, determinandolo e di fatto
             dominandolo; ma è piuttosto il futuro, inteso come campo aperto di possibilità,
                                                                         57
             a incidere nei modi di rappresentazione e di gestione del presente . L’inversione
             proposta conduce dunque a considerare il presente in una condizione di
             dipendenza dal futuro o, secondo una formulazione più incisiva, in una
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             condizione debitoria  che investe e lega i soggetti presenti e i soggetti futuri. È
             precisamente in questo senso che può essere compreso il riferimento al termine
             “comune”.
                Nella formulazione scelta dal Rapporto Bruntdland, ‘comune’ è il secondo
             termine che ordina ed esplicita il senso dell’agire sostenibile, ma può essere
             considerato come il  focus primario per la comprensione del rapporto che
             intercorre tra sostenibilità e futuro: questo nostro futuro è infatti un futuro
             comune, nel senso che ci accomuna. Esprime un significato unitivo: questa
             comunanza, in altri termini, determina l’insorgere di un noi che procede dal
             riconoscimento di una necessaria co-appartenenza. Tale qualificazione esplicita




                56  L’ipotesi teorica della necessità di una riformulazione della soggettività nei termini
             dell’apertura accompagna dal secolo scorso le elaborazioni teoriche etiche in particolare
             di matrice fenomenologica. Senza intrattenersi sulle specificità rintracciabili nei diversi
             contributi, importa ivi rilevare come il dispositivo ermeneutico dell’apertura lasci intatta
             la portata significante espressa dal riferimento al futuro, ma al contempo consenta di
             individuare lo spazio di senso di un soggetto collettivo, colto appunto nella «diacronia
             di un futuro che lo abita» (cfr. in tal senso, F. Menga, Etica intergenerazionale, cit., p.
             27). L’apertura permette dunque di invertire la relazione tra presente e futuro, ponendo
             quest’ultimo al principio del primo, come sua modalità significante.
                57  Come già ricordato, in tal senso Jacques Derrida definisce il presente come una
             traccia del futuro. Cfr. J. Derrida, Ousia et grammé, Marges de la philosophie, cit., in
             particolare, pp. 102-103. Sono peraltro molteplici le riflessioni fenomenologiche che si
             intrattengono su questa modalità della temporalità. Tra altri, si veda J.-L. Nancy, Essere
             singolare plurale, Einaudi, Torino, [1996], 2001.
                58  Si rinvia, in tal senso, a M. Hénaff, “Le lien entre générations et la dette du temps”,
             in Esprit, 2018 (versione online).
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