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             si è confermato come la struttura fondamentale del concetto stesso di
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             sostenibilità .
                Il Rapporto raccoglie le considerazioni in tema di sviluppo sostenibile sotto
             il titolo evocativo “Our common future” e questa formulazione risulta partico -
             larmente fertile. Essa sembra procedere dall’idea che il futuro possa essere
             “appropriato”: la qualificazione tramite l’aggettivo possessivo “nostro” segnala
             infatti che questo futuro ci appartiene e che, pertanto, disponiamo della capacità
             di inter venire su di esso. L’implicazione maggiore di tale modalità appropriativa
             rinvia alla possibilità di mettere in atto pratiche che ne orientino l’inverarsi e
             che sia, quindi, possibile dominare il suo accadere; il futuro, in questi termini,
             corrispon derebbe così a una proiezione del presente, identificando, in altri
             termini, un precipuo ordine relazionale tra presente e futuro che vede
             quest’ultimo come un risultato del primo. La capacità previsionale attribuita al
             presente si tradurrebbe cioè in capacità dispositiva degli effetti, per
                                                                      51
             conseguenza, il futuro così evocato è futuro  del  presente : un futuro che
             dipende da noi e che, in questo senso, è appunto nostro, così come qualificato
             dal Rapporto Brundtland.
                L’appropriabilità del futuro, vale a dire di ciò che ancora non è, tuttavia,
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             costituisce evidentemente una modalità problematica . Questa idea, indubbia -



                50  Le considerazioni presenti in questo rapporto hanno infatti svolto un ruolo
             pioneristico nella precisazione dei percorsi da intraprendere per la realizzazione di uno
             sviluppo sostenibile: esso ha di fatto tracciato le linee guida per le successive
             elaborazioni; le linee proposte dal Rapporto sono state infatti poi riprese e specificate,
             in particolare dalla United Nations Conference on Environment and Development:
             UNCED or Earth Summit, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, e sono ancora al centro
             delle elaborazioni, normative e pratiche, delle strategie sostenibili rintracciabili
             nell’Agenda 2030.
                51  Per una lettura critica di tale rappresentazione si veda B. Waldenfels, Politiche
             dell’estraneo. L’istituzione del moderno e l’irruzione dell’altro, Ombre Corte, 2012 e,
             dello stesso autore, Estraneo, straniero, straordinario. Saggi di fenomenologia responsiva,
             Rosenberg & Sellier, Torino, 2011.
                52  È a partire da questa relazione tra presente e futuro che Hans Jonas organizza la
             sua riflessione sulla responsabilità; egli rileva infatti come il campo dell’etica tradizionale
             sia dominato dalla predominanza della attualità, per cui il dispositivo della responsa -
             bilità si innesca grazie al duplice meccanismo della prevedibilità (tempo) e gestibilità
             (spazio). Avverte però come la tecnica abbia introdotto modalità capaci di generare
             esiti totalmente imprevedibili, non più riconducibili e contenibili entro il quadro di una
             responsabilità così formulata. Afferma dunque la necessità di ripensare l’etica attraverso
             una radicale messa in discussione del paradigma teorico tradizionale (cfr. H. Jonas,
             “Techonology and responsibility: reflections on the new task of ethics”, in Social
             Research, 1, 1973, pp. 31-54).
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