Page 65 - 3613-495-3 Mecella, Galimberti, Open A
P. 65

NERONE IN GRECIAa63

                           bile di Greci si recasse a Corinto il quarto giorno prima delle calende di di-
                                                        28
                           cembre, il 28 novembre, appunto ; 2) il discorso pronunciato dall’imperatore
                           a Corinto; 3) il decreto proposto alla boule e al demos di Acrefia dal sommo
                           sacerdote imperiale, Epaminonda figlio di Epaminonda, decreto poi appro-
                           vato dalla città di Acrefia, con il quale si riferiva il contenuto del discorso, si
                           manifestava la gratitudine all’imperatore e si decidevano i modi con cui ono-
                           rarlo. La composizione del  dossier epigrafico è evidentemente opera dello
                                           29
                           stesso Epaminonda .
                             Il  discorso  di  Corinto  è  stato,  oltre  che  declamato,  anche  scritto
                           dall’imperatore. Sarebbe difficile, d’altronde, credere che Nerone avrebbe po-
                           tuto accettare che il suo grande discorso ai Greci fosse composto da altri. Nel
                                                                                          30
                           discorso, scritto in un greco non impeccabile e contaminato da latinismi , in-
                           contriamo espressioni nelle quali l’autocompiacimento dell’imperatore verso il
                           grande dono che sta facendo ai Greci si esprime con frasi umilianti nei con-
                                           31
                           fronti dell’uditorio . Per l’imperatore, infatti, la grandezza del proprio bene-
                           ficio è sminuita dalle condizioni attuali; avrebbe preferito concedere  la  li-
                           bertà, dono impensabile e inatteso (ἀπροσδόκητον δωρεάν, l. 9), quando la
                           Grecia era al culmine della grandezza (ἀκμαζούσης τῆς Ἑλλάδος, l. 17). Per-
                           sino allora, infatti, la libertà e l’immunità fiscale sarebbero stati un dono ec-
                           cezionale, poiché anche nei tempi più felici i Greci erano sempre stati schia-
                           vi o di stranieri o gli uni degli altri: λάβετ’ ἐλευθερίαν ἀνισφορίαν, ἣν οὐδ’
                           ἐν  τοῖς  εὐτυχεστάτοις  ὑμῶν  πάντες  χρόνοις  ἔσχετε·  ἢ  γὰρ  ἀλλοτρίοις  ἢ
                           ἀλλήλοις ἐδουλεύσατε (l. 14-16). Egli, perciò, rimprovera il tempo che ha
                           ridotto  la  grandezza  del  beneficio:  διὸ  καὶ  μέμφομαι  τὸν  αἰῶνα  προδα-
                           πανήσαντά μου τὸ μέγεθος τῆς χάριτος. L’imperatore elargisce il beneficio
                           non per compassione verso i Greci, ma per benevolenza (καὶ νῦν  δὲ οὐ δι’
                           ἔλεον ὑμᾶς, ἀλλὰ δι’ εὔνοιαν εὐεργετῶ, l. 21-22) e contraccambia (ἀμείβομαι,
                           l. 22) i loro dèi che lo hanno sempre protetto. Gli dèi hanno reso possibile
                           all’imperatore  compiere  un  atto  mai  realizzato  da  nessuno,  poiché  mentre
                           altri hanno liberato città, Nerone ha reso libera una provincia. È sostanziale
                           rimarcare qui la posa dell’imperatore all’atto della concessione. Superiore e


                             28  Cfr. l. 1: Αὐτοκράτωρ Καῖσαρ λέγει, e l. 5-6: τῇ πρὸ τεσσάρων Καλανδῶν Δεκεμβρίων.
                             29  Editio princeps e commento di HOLLEAUX, 1888. I documenti sono stati spesso riediti,
                                          3
                           tra cui da vedere Syll.  814 e IG VII.2713.I-II. OLIVER, 1989, n. 296 riproduce il solo discorso
                           di Nerone. Bibliografia recente in CAMPANILE, 2022, p. 171 nt. 11.
                             30   Vd.  l’analisi  di  WILAMOWITZ-MOELLENDORFF,  1902,  p.  258-259;  discussione  in
                           CAMPANILE, 2022, p. 171-172.
                             31  Vd. già HOLLEAUX, 1888, p. 523: «L’empereur récite un dithyrambe à sa gloire et se
                           chante  à  lui-même  un  cantique  d’actions  de  grâces;  il  s’attendrit  sur  son  grand  cœur,
                           s’émerveille de ses bontés. Pour les qualifier dignement il lui faut un luxe redondant de beaux
                           adjectifs tapageurs»; p. 525: «Néron, bienfaiteur dur, dans sa manie d’exaller ses bontés, hu-
                           milie étrangement ceux qu’il oblige. Il enveloppe ses grâces de vérités cruelles».
   60   61   62   63   64   65   66   67   68   69   70