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64aDOMITILLA CAMPANILE
pietoso verso i Greci – ombra di quanti li hanno preceduti – si mostra invece
simile e vicino ai loro dèi (τοὺς θεοὺς ὑμῶν), dei quali può contraccambiare
(ἀμείβομαι) i benefici.
I testi che ricordano il fatto sono numerosi; tra i più significativi perché
forniti da un testimone dell’evento resta quello di Plutarco nella Vita di Fla-
minino (12.8). Plutarco torna sulla vicenda in de sera numinis vindicta, ma
possiamo menzionare anche Plinio, Svetonio, Pausania, Cassio Dione, Filo-
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strato . Si percepiscono tratti inattesi nella valutazione complessiva
dell’imperatore da parte di alcuni autori greci: la liberazione della Grecia
giocò un ruolo determinante perché Pausania, Filostrato e Plutarco assumes-
sero un atteggiamento più sfumato verso Nerone. A proposito di Plutarco, per
esempio, va ricordato che nell’opera de sera numinis vindicta gli dèi commu-
tano in forma assai più benevola la pena finale destinata negli Inferi al matri-
cida Nerone perché «gli era pure dovuto qualche favore da parte degli dèi,
poiché aveva liberato, fra i suoi sudditi, il popolo migliore e più caro ai numi:
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la Grecia» . Questo dossier epigrafico e il gesto della liberazione della Grecia
meritano un’analisi accurata, ma per lo scopo del mio contributo conviene ora
passare brevemente all’ultimo caso prima della conclusione.
Un episodio che potrebbe essere considerato attinente alla sfera privata –
ammesso che un imperatore disponga di una tale riserva – e che viene inse-
rito dalle fonti fra gli atti disdicevoli tipici di un princeps indegno potrebbe
assumere un diverso significato se rivisto alla luce di quanto osservato fino
ad ora. La morte nel 65 della moglie incinta, Poppea Sabina, morte forse
32 Sulla presenza di Plutarco a Corinto in quell’occasione vd. già JONES, 1971, p. 16-17.
La descrizione in Plut., Flam. 12.8 sostiene questa ipotesi: τῇ δ᾽ οὖν Κορινθίων πόλει πρὸς
τοὺς Ἕλληνας τὸ αὐτὸ δὶς ἤδη συμβέβηκε: καὶ γὰρ Τίτος ἐν Κορίνθῳ τότε καὶ Νέρων αὖθις
καθ᾽ ἡμᾶς ἐν Κορίνθῳ παραπλησίως Ἰσθμίων ἀγομένων τοὺς Ἕλληνας ἐλευθέρους καὶ
αὐτονόμους ἀφῆκαν, ὁ μὲν διὰ κήρυκος, ὡς εἴρηται, Νέρων δὲ αὐτὸς ἐπὶ τῆς ἀγορᾶς ἀπὸ
βήματος ἐν τῷ πλήθει δημηγορήσας. Ἀλλὰ ταῦτα μὲν ὕστερον. Sulla concessione vd. anche
Plut., de sera numinis vindicta 567 e - 568 a; Plin., NH 4.22; Suet., Nero 24; Paus., 7.17.3;
Cass. Dio, 63.11.1; Philostr., VA 5.41. Per l’importante documentazione numismatica vd.
MANDERS, SLOOTJES, 2015.
33 Plut., 567 f - 569 a: ὀφείλεσθαι δέ τι καὶ χρηστὸν αὐτῷ παρὰ θεῶν, ὅτι τῶν ὑπηκόων τὸ
βέλτιστον καὶ θεοφιλέστατον γένος ἠλευθέρωσε, τὴν Ἑλλάδα. Sul passo vd., almeno,
TAUFER, 2010, p. 74-75 (da cui la traduzione) e p. 213-215; FOLCH, 2018; CAPETTINI, 2020.
Da citare anche l’osservazione di Pausania: ἀπιδόντι οὖν ἐς τοῦτό μοι τοῦ Νέρωνος τὸ ἔργον
ὀρθότατα εἰρηκέναι Πλάτων ἐφαίνετο ὁ Ἀρίστωνος, ὁπόσα ἀδικήματα μεγέθει καὶ τολμήματί
ἐστιν ὑπερηρκότα, οὐ τῶν ἐπιτυχόντων εἶναι ταῦτα ἀνθρώπων, ψυχῆς δὲ γενναίας ὑπὸ ἀτόπου
παιδείας διεφθαρμένης; «considerando questo atto di Nerone [scil. la liberazione della Grecia]
è sembrata particolarmente giusta l’affermazione di Platone, figlio di Aristone [scil. Plato,
Respubl. 6.491 e], per il quale tutti i misfatti che si distinguono per la loro gravità e la loro
audacia sono opera non di uomini comuni, ma di un animo nobile guastato da un’educazione
errata» (7.17.3). Traduzione di M. Moggi in MOGGI, OSANNA, 2000, p. 101. Per la fortuna
postuma di Nerone in Grecia vd. ora NICOLLEAU, 2023.