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SUGLI ATTI DEI PRINCIPI EMANATI FUORI ROMA (SECC. I-II D.C.)a27

                           imperiali, editti e epistulae inerenti o rivolti ai collegia fabrorum tignuario-
                           rum – in cui si legge: [---] in villa Tiburtina Pontiano et Atilliano co(n)s(ulibus).
                           Mancando il debutto dell’atto, non è chiaro se esso fosse introdotto dalla for-
                           mula di saluto o dal dicit tipico degli editti. Secondo l’editore, l’indicazione di
                           luogo  e  datazione  consolare  indurrebbe  a  riconoscervi  la  chiusa di
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                           un’epistula .  In  questo  caso,  la  precisazione  in villa Tiburtina  troverebbe
                           ragione in virtù dell’estensione di Villa Adriana (120 h), maggiore di quella
                           di qualsiasi altra città del Lazio all’infuori di Roma. Un luogo perciò altro
                           rispetto a Tibur.
                             Quanto alla denominazione villa Tiburtina fornita da questo documento e
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                           ritenuta quella ufficiale di Villa Adriana , non sono del tutto persuaso che le
                           residenze imperiali godessero ognuna di un appellativo univoco e formale: in
                                                                                          63
                           un carmen epigrafico rinvenuto nei suoi pressi e attribuito ad Adriano , la
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                           stessa Villa Adriana è definita villa Aelia , e villa Tiburtis è il nome con il
                           quale viene indicata in alcune iscrizioni sepolcrali di liberti imperiali che vi
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                           prestavano servizio . Senz’altro non può essere assunta come prova di una
                           qualche formalità ‘cancelleresca’ l’attribuzione della qualifica di praetorium
                           assegnata nella  tabula Clesiana alla residenza imperiale di Baia. La  prae-
                           scriptio  all’atto  non  riporta  alcun  requisito  formale  che  attesti  che  l’editto
                           fosse stato copiato e verificato (descriptum et recognitum) da un originale
                           esposto o conservato negli archivi imperiali. Piuttosto, la circostanza che il
                           committente della tabula ne fosse stato in possesso anche diverso tempo do-
                           po che l’editto era stato affisso (propositum fuit) induce a ritenere che il testo
                           inciso sul bronzo fosse stato copiato direttamente dall’originale tabula deal-
                           bata (?) affissa nella villa di Baia da qualcuno che poteva averne avuto di-
                           retta visione: tra gli indiziati, il migliore risulta essere uno tra i centurioni del
                           pretorio anauni, in virtù della cui militanza Claudio assicurò libentius la cit-
                                                                  66
                           tadinanza a tutti i membri della stessa etnia . Se la praescriptio fu il frutto
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                           logico ritenere che un ufficiale della guardia pretoria avesse definito praeto-
                           rium la sede del proprio guarnigionamento temporaneo, che era pure la sede
                           del proprio imperator. E in effetti il significato di praetorium è ancora qui
                           quello originario: non per nulla si afferma che l’editto fu affisso a Baia nel
                           pretorio e non nel pretorio di Baia.



                             61  ECK, 2019, p. 306.
                             62  MAIURO, 2020, p. 323.
                             63  GASCOU, JANON, 2000.
                             64  CIL XIV.3911 = CLE 865 da Aquae Albulae.
                             65  Vd. infra nel testo.
                             66  Cfr. FAORO, 2017, p. 177 e nt. 2.
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