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144 Cristina Videtta
sione di tale realtà non può che derivare fisiologicamente dal comporsi di più
discipline (evidentemente non tutte necessariamente giuridiche) e, dunque, da
una distribuzione di competenze in ragione della specificità delle conoscenze e
delle capacità dei soggetti coinvolti.
La ricostruzione della citta culturale sostenibile deve, dunque, essere fatta
ripercorrendo differenti normative, tutte in qualche modo attinenti al tema de
quo, nessuna delle quali tuttavia, come si è visto, del tutto esaustiva. Nelle
riflessioni che precedono, si è tentato di mettere in luce come le diverse disci -
pline e il dibattito che le accompagna possano fornire elementi utili alla rifles -
sione generale con specifico riferimento all’ordinamento italiano, pur tuttavia
la ricomposizione del modello risulta piuttosto ardua, posto che si tratta di trarre
indicazioni da norme che non sempre riguardano strettamente il rapporto tra
città e patrimonio culturale (nell’ampia accezione accolta).
La questione della ricostruzione della «città culturale sostenibile», peraltro,
sconta l’indeterminatezza degli elementi semantici di cui l’espressione si
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compone: da un lato vi è infatti il concetto di città , o meglio, secondo l’Agen -
da 2030 di “insediamento umano” che delinea una prospettiva di indagine
quanto meno incerta; d’altro lato, l’idea di “cultura” è fisiologicamente indeter -
minata e lo stesso concetto di “patrimonio culturale” si colloca all’incrocio tra
la nozione rigida, basata su un’individuazione legislativa o ministeriale, fatta
propria dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, e l’idea generale e ampia
di cui si è detto in riferimento al target 11.4 dell’Agenda 2030.
A quanto detto, si aggiungono ulteriori complicazioni di sistema che
ostacolano una visione complessiva del tema e generano problemi di coordina -
mento tra livelli istituzionali. Vi è, infatti, una innegabile tensione tra il
tendenziale accentramento delle funzioni di tutela del patrimonio culturale cd.
vincolato e le politiche urbane che prevedono l’allocazione di funzioni ammini -
strative (ivi comprese quelle di pianificazione urbana) al livello territoriale
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preferibilmente comunale ; anche dal punto di vista della pianificazione, vi
sono sovrapposizioni anche proprio in riferimento al tema di interesse che certo
102 Sul punto, cfr. B. AUBY, loc. ult. cit.
103 Invero, è stato rilevato come la diversa allocazione di funzioni non sarebbe da
vedersi negativamente atteso con riferimento alla materia della tutela del patrimonio
culturale “il livello di governo adeguato non è e non può essere quello comunale
territoriale, che si pone in evidente “conflitto di interessi” con le competenze urba -
nistico-edilizie di sviluppo dell’edificazione (e non già di conservazione): è pertanto
necessario, in deroga al criterio della sussidiarietà verticale, nella allocazione delle
competenze, ricercare un momento più alto di sintesi direttiva, da elaborarsi a un livello
di governo più distante dal territorio, perciò meglio capace di scelte lungimiranti
sottratte al gioco elettorale” (così P. CARPENTIERI, La tutela del paesaggio e del patri -