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146 Cristina Videtta
Occorre necessariamente cominciare davvero a considerare la città come
sistema integrato in cui ogni intervento impatta su altri elementi di cui occorre
tenere conto; questo comporta che si cominci a pensare alla cultura e all’azione
sul patrimonio culturale, nella sua accezione più ampia, come forza capace di
trainare le politiche orientate al benessere e allo sviluppo degli individui e,
dunque, come aspetto non rinunciabile di esse, secondo una prospettiva di
integrazione più volte emersa nell’analisi, ma di difficile implementazione
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pratica .
Diventa indispensabile, prima di tutto, svincolarsi dall’idea che solo ciò che
è espressamente vincolato meriti attenzione in quanto culturale, atteso che tale
approccio (unicamente) selettivo finisce, come più volte osservato, per deter -
minare fratture sociali e per innalzare proprio quei muri che l’Agenda 2030
vuole abbattere. Si impone dunque una nuova progettualità complessiva, che
sposi tale visione della città a cui, tra l’altro, non può che accompagnarsi un
coordinamento degli interventi, che allo stato ancora sembra mancare, e dunque
una cooperazione tra istituzioni e tra istituzioni e collettività che vive la realtà
urbana e le cui istanze divengono fondamentali nella realizzazione della promo -
zione dell’individuo e di una vita di qualità. Si rende così necessario un grande
sforzo nelle istituzioni a cui è richiesto, come soprattutto emerso in relazione ai
partenariati pubblico/privato, di assumere il ruolo di veri e propri facilitatori
di meccanismi di cooperazione coi privati. Ad essi cioè è necessariamente
richiesto di attivarsi soprattutto laddove sorga il problema del coinvolgimento
della collettività che vive in parti della città socialmente più fragili, dove il livello
culturale e la disponibilità di tempo e risorse può essere minore, oppure dove
la matrice multiculturale rende più complessa l’individuazione di beni che
davvero coagulino gli interessi della collettività stessa; a ciò si aggiunga che gli
attori pubblici devono farsi carico anche di affiancare privati, formandoli e
sostenendoli nella loro azione, pena l’irrealizzabilità pratica di molte delle pur
lodevoli iniziative. Ogni politica va inoltre ovviamente pensata in termini di
lungo periodo (in quanto ogni azione è destinata a creare un impatto positivo
anche sulle generazioni future) il che deve condurre, per esempio, alla necessità
106 La stessa Convenzione di Faro stabilisce invero una sorta di principio generale
di integrazione affermando che «per mantenere il patrimonio culturale, le parti si
impegnano (…) ad assicurare che i bisogni specifici della conservazioni del patrimonio
culturale siano tenuti in considerazione in tutte le discipline tecniche generali» (art. 9,
lett c), e stabilisce altresì che «al fine di valorizzare il potenziale del patrimonio culturale
in quanto fattore di sviluppo economico sostenibile, le parti si impegnano a fare in
modo che tali politiche rispettino l’integrità del patrimonio culturale senza compro -
mettere i suoi valori intrinseci» (art. 10, lett. c).