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                Occorre necessariamente cominciare davvero a considerare la città come
             sistema integrato in cui ogni intervento impatta su altri elementi di cui occorre
             tenere conto; questo comporta che si cominci a pensare alla cultura e all’azione
             sul patrimonio culturale, nella sua accezione più ampia, come forza capace di
             trainare le politiche orientate al benessere e allo sviluppo degli individui e,
             dunque, come aspetto non rinunciabile di esse, secondo una prospettiva di
             integrazione più volte emersa nell’analisi, ma di difficile implementazione
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             pratica .
                Diventa indispensabile, prima di tutto, svincolarsi dall’idea che solo ciò che
             è espressamente vincolato meriti attenzione in quanto culturale, atteso che tale
             approccio (unicamente) selettivo finisce, come più volte osservato, per deter -
             minare fratture sociali e per innalzare proprio quei muri che l’Agenda 2030
             vuole abbattere. Si impone dunque una nuova progettualità complessiva, che
             sposi tale visione della città a cui, tra l’altro, non può che accompagnarsi un
             coordinamento degli interventi, che allo stato ancora sembra mancare, e dunque
             una cooperazione tra istituzioni e tra istituzioni e collettività che vive la realtà
             urbana e le cui istanze divengono fondamentali nella realizzazione della promo -
             zione dell’individuo e di una vita di qualità. Si rende così necessario un grande
             sforzo nelle istituzioni a cui è richiesto, come soprattutto emerso in relazione ai
             partenariati pubblico/privato, di assumere il ruolo di veri e propri facilitatori
             di meccanismi di cooperazione coi privati. Ad essi cioè è necessariamente
             richiesto di attivarsi soprattutto laddove sorga il problema del coinvolgimento
             della collettività che vive in parti della città socialmente più fragili, dove il livello
             culturale e la disponibilità di tempo e risorse può essere minore, oppure dove
             la matrice multiculturale rende più complessa l’individuazione di beni che
             davvero coagulino gli interessi della collettività stessa; a ciò si aggiunga che gli
             attori pubblici devono farsi carico anche di affiancare privati, formandoli e
             sostenendoli nella loro azione, pena l’irrealizzabilità pratica di molte delle pur
             lodevoli iniziative. Ogni politica va inoltre ovviamente pensata in termini di
             lungo periodo (in quanto ogni azione è destinata a creare un impatto positivo
             anche sulle generazioni future) il che deve condurre, per esempio, alla necessità





                106  La stessa Convenzione di Faro stabilisce invero una sorta di principio generale
             di integrazione affermando che «per mantenere il patrimonio culturale, le parti si
             impegnano (…) ad assicurare che i bisogni specifici della conservazioni del patrimonio
             culturale siano tenuti in considerazione in tutte le discipline tecniche generali» (art. 9,
             lett c), e stabilisce altresì che «al fine di valorizzare il potenziale del patrimonio culturale
             in quanto fattore di sviluppo economico sostenibile, le parti si impegnano a fare in
             modo che tali politiche rispettino l’integrità del patrimonio culturale senza compro -
             mettere i suoi valori intrinseci» (art. 10, lett. c).
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