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244aALISTER FILIPPINI

                           lazione di una nuova provincia romana, da fondare sulle rovine di un territo-
                           rio ormai desertificato.

                                6.4.3. ‘Orizzonti di gloria’: il tramonto di Marco,
                                      i sogni di Pompeianus e l’ascesa di Commodo (180)

                             Cassio Dione (che si richiama talora a testimonianze rese da coloro che
                           furono al fianco di Marco: 71.33.3) e la fonte della HA, verosimilmente il
                           coevo Mario Massimo, paiono ben informati e concordi nell’affermare, a più
                           riprese, che l’obiettivo finale dell’imperatore sarebbe stato quello di occupa-
                           re i territori di Marcomanni, Quadi e Iazigi e trasformarli nelle province di
                           Marcomannia  (Boemia  e  Moravia)  e  Sarmatia  (Bačka  e  Banato,  se  non
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                           l’intero Grande Alföld serbo-ungherese) .
                             Da un punto di vista strategico e geopolitico, tale piano aveva l’enorme
                           ambizione di annettere i territori transdanubiani fino alla catena dei Sudeti-
                           Beschidi-Carpazi (Marcomannia), giungendo al controllo diretto dei valichi
                           transcarpatici,  e  di  colmare,  almeno  in  parte,  il  vasto  ‘cuneo  barbarico’
                           dell’ansa del Danubio (Sarmatia), che separava Pannonia Inferior e tres Da-
                           ciae.  Una  grand strategy  di  questa  portata  avrebbe  forse  razionalizzato  la
                           difficile gestione del limes mitteleuropeo, ma anche comportato costi di rea-
                           lizzazione vertiginosi, in termini sia di risorse militari (corpora), sia di im-
                           posizione fiscale (ordinaria e straordinaria) sui provinciali; in ogni caso, essa
                           prevedeva, secondo il princeps e i suoi consiglieri, la necessaria eliminazio-
                           ne – totale e definitiva – delle popolazioni barbariche locali. Nella prospetti-
                           va filosofica di Marco, rigida e impassibile (vd. supra, § 3), i Sarmati non
                           erano altro che ‘briganti’ (lestai), ossia semplici latrones assimilabili agli al-
                           tri rebelles (quali i ‘predoni’ Costoboci o i Mauri), come pure avevano sta-
                           bilito, sul piano giuridico, i decreti imperiali e le delibere del senato (dog-
                           mata); i briganti potevano dunque essere eliminati, allo stesso modo in cui
                           gli  animali  selvatici  venivano  uccisi  dai  loro  cacciatori,  senza  particolare
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                           gloria per chi li estirpasse né commiserazione umana per essi stessi .
                             Secondo la storiografia senatoria, Marco Aurelio sarebbe davvero riuscito
                           a realizzare il suo intento, una prima volta intorno al 175, se non fosse inter-
                           venuta l’usurpazione di Cassio, e di nuovo verso la fine della seconda guerra



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                             89  Cass. Dio, 71.33.4 (via Xifilino); HA Marc. 24.5 (ca. 175) e 27.9-10 (ca. 177-180); cfr.
                           ROSSIGNOL, 2020, p. 508-513.
                             90   M.  Aur.,  Ad se ipsum  10.10;  per  i  problemi  di  interpretazione  di  questo  brano  cfr.
                           BIRLEY, 2013. Alle fonti di confronto, già discusse da Birley, si aggiunga il brano di Frontone
                           (Princ. hist. 6) sui popoli nomadi, autori di saccheggi, che sono declassati al livello di briganti
                           (latrones) anziché di veri e propri nemici (hostes, come i Parti).
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