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MARCO SUL DANUBIO TRA FOSFORO E MIELE. L’IMPERATORE E I SUOI COMITESa247
Marco invece, rimasto unico imperatore, volle ampliare i fronti di una
grande guerra germanico-sarmatica e, dopo vari rovesci e riscosse, concepì il
sogno ambizioso di estendere e unificare il limes tra il Mar Nero e l’Oceano
settentrionale, dalle foci del Danubio a quella dell’Elba, conquistando le re-
gioni transdanubiane e redigendole nella forma di nuove province, Marco-
mannia e Sarmatia (vd. supra, § 6.4.3). Questo piano grandioso richiedeva,
per la sua risoluzione finale, lo sterminio delle popolazioni barbariche, estir-
pate alla radice come briganti; tale programma genocida comportò la strate-
gia sistematica della ‘terra bruciata’ e l’installazione di avamposti militari
nel barbaricum (vd. supra, § 6.4.2). Applicando le categorie filosofiche alla
prassi di governo in modo consequenziario, il monarca-filosofo pare aver
convinto i suoi comites di questa tremenda necessità; dimostrando
un’eccezionale capacità di abnegazione di sé, in vista del raggiungimento di
uno scopo supremo – la salvezza dello stato, quale gravosa missione asse-
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gnatagli dalla divinità –, Marco riuscì a coagulare intorno a sé il consenso
incondizionato dei suoi più fidati collaboratori: gli optimates, gli amici, i
comites et legati. In definitiva, furono i tanti amici a seguire la superiore
volontà di Marco, da loro assai ammirato, e i ‘generali’ adottarono la logica
– quasi un ‘miele amaro’ – del filosofo stoico. Nonostante le critiche, aperte
e durissime, di vari settori dell’aristocrazia senatoria e dei notabilati
d’Oriente (vd. supra, § 3), culminate nella loro adesione al Putsch di Avidio
Cassio, nel 177 l’imperatore riprese il motto platonico sul governo dei filo-
sofi e mantenne i suoi obiettivi politico-militari, con uno sforzo totalizzante,
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al contempo ammirevole e disumano .
Il ‘sogno ultra-traianeo’ della conquista totale moriva sul Danubio all’alba
del 17 marzo 180; nonostante il tenace monito di Pompeianus, Commodo e i
suoi consiglieri tornarono a percorrere la via di Adriano e Lucio Vero.
96 Si vedano le ammirate considerazioni su Marco nei bilanci conclusivi di Dione
(71.36.3) e Ammiano (31.5.13-14).
97 HA Marc. 27.7 (ca. 177-178): Sententia Platonis semper in ore illius fuit florere civita-
tes, si aut philosophi imperarent aut imperantes philosopharentur.