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MARCO SUL DANUBIO TRA FOSFORO E MIELE. L’IMPERATORE E I SUOI COMITESa245
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germanica (177-180), se soltanto fosse vissuto un anno di più . L’ideale (o il
miraggio) della conquista totale, con la risoluzione più radicale del problema
barbarico, riemerge nel discorso attribuito da Erodiano al fedelissimo Ti.
Claudius Pompeianus, poco dopo la morte del sovrano: di fronte alle timoro-
se perplessità di Commodo e dei suoi ciambellani, che premevano per la ra-
pida conclusione della guerra e il ritorno a Roma, il vecchio leone avrebbe
ricordato al princeps la gravosa necessità di portare coerentemente a termine
il progetto del padre, restando a combattere sul Danubio e dilatando i confini
dell’impero sino all’Oceano settentrionale, per garantire il timore reveren-
ziale dei barbari, pienamente sottomessi, e così la sicurezza duratura dello
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stato . Rievocare il limite ultimo dell’Oceano Atlantico (il Mare del Nord)
significava immaginare una linea difensiva unitaria e organica, che, da un
lato, ricollegasse le sorgenti dell’Elba nella Selva Boema al suo basso corso
(ossia al traguardo di Druso Maggiore e Germanico) e, dall’altro, compren-
desse la Moravia e tutta la regione subcarpatica, inclusa la Sarmazia degli
Iazigi, fino alla Dacia romana.
Nel marzo del 180, quando Marco era al tramonto, questo ideale ‘ultra-
traianeo’, più o meno velleitario, era certamente condiviso dalla cerchia ri-
stretta degli amici et comites del vecchio imperatore, di quegli optimates che
avevano affiancato lealmente Marco nella prassi di governo, assimilando
anch’essi lo spirito stoicheggiante del sovrano, ma esso non poteva conside-
rarsi parimenti sostenuto da altri cortigiani e consiglieri di Commodo e, so-
prattutto, da ben più vasti settori dell’aristocrazia senatoria, che non erano
affatto entusiasti della prolungata e costosissima guerra danubiana. Alcuni
decenni più tardi, nell’epoca dei Severi (ossia dopo la traumatica cesura
della tirannide commodiana, considerata colpevole di un vergognoso ‘pacifi-
smo’ filobarbarico), il pensiero storico elaborato dai senatori Cassio Dione e
Mario Massimo (con riflessi significativi sugli autori dell’epoca dei Gordia-
ni, Asinio Quadrato, Filostrato ed Erodiano) avrebbe espresso, con toni no-
stalgici, una sostanziale sintonia di vedute con il compianto monarca-
filosofo, ormai trasceso nell’idealizzazione (e, insieme, nella contrapposi-
zione ideologica al figlio mostruoso, l’imperatore-gladiatore, carnefice dei
senatori), come se il consenso del senato ai piani di Marco fosse sempre
stato pieno e incondizionato.
Tra marzo e ottobre del 180 Commodo rimase sul fronte danubiano, cer-
cando soluzioni tra la linea di intransigente militarismo, sostenuta da Pom-
peianus e dallo stato maggiore di Marco, in particolare da quegli optimates
91 Vd. supra, nt. 89.
92 Discorso di Pompeianus: Hdn., 1.6.4-6; cfr. GALIMBERTI, 2014, p. 73-74; MOTTA, 2023,
p. 300-306.