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154aLAURA MECELLA

                           no più prodighi d’informazioni ed offrono un’utile bussola di orientamento
                           nella società ateniese del tempo: nonostante nel trattatello Lo Scita, o il pro-
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                           tettore del forestiero egli lodi la magnificenza della città , da diversi dialo-
                           ghi emergono le disparità economiche da cui essa era attraversata, come ne Il
                           Naviglio, dove il sogno di Adimanto di diventare un grande armatore cozza
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                           con una grama realtà , o ne I Saturnali, dove il motivo del ribaltamento dei
                           codici e dei ruoli sociali proprio della festa (un mondo alla rovescia in cui i
                           servi prendono il posto dei padroni, con scambi di doni e remissione dei de-
                           biti) offre il pretesto per un’amara e reiterata denuncia dell’iniqua distribu-
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                           zione della ricchezza . Dietro l’elogio della frugalità presente nel  Nigrino
                           non si fatica a cogliere una lucida constatazione delle ristrettezze in cui ver-
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                           sava gran parte del corpo civico ; ed anche la rivendicazione del misantropo
                           Timone di aver arricchito i cittadini grazie alla propria prodigalità indiretta-
                                                                         17
                           mente conferma una diffusa condizione d’indigenza . Per citare le parole di

                           invece la connessione – istituita da MAYER I OLIVÉ, 2021 – tra la rivolta egiziana ricordata da
                           Malala e CIL XI.5693-5694, dov’è  ricordata la promozione al centurionato di un certo Ae-
                           trius Ferox avvenuta, appunto, ad Alessandria.
                             13  Lucian., Scit. 9: ὅτε γὰρ πρῶτον ἐπεδήμησα ὑμῶν τῇ πόλει, ἐξεπλάγην μὲν εὐθὺς ἰδὼν
                           τὸ μέγεθος καὶ τὸ κάλλος καὶ τῶν ἐμπολιτευομένων τὸ πλῆθος καὶ  τὴν ἄλλην δύναμιν καὶ
                           λαμπρότητα πᾶσαν.
                             14  Lucian., Nav., passim e 13-14, 20, 22-25; cfr. inoltre il § 38, dove il povero Samippo ri-
                           corda l’arroganza del ricco Cidia, che lo aveva scacciato dal suo campo a causa di una banale
                           infrazione dei confini. Nel dialogo, i riferimenti a una possibile campagna partica nei sogni di
                           uno dei protagonisti (§ 33-38) fanno pensare a un’ambientazione ai tempi della spedizione di
                           Lucio Vero.
                             15  È questo il Leitmotiv dell’intero scritto, ma si vd. in particolare il § 19 (ἀλογώτατον
                           εἶναι τοὺς μὲν ἡμῶν ὑπερπλουτεῖν καὶ τρυφᾶν οὐ κοινωνοῦντας ὧν ἔχουσι τοῖς πενεστέροις,
                           τοὺς δὲ λιμῷ διαφθείρεσθαι) e, con maggior dovizia di dettagli, i §§ 20-21; cfr. anche § 3 e
                           11, dove gli dèi vengono accusati di arricchire i ribaldi e affamare gli uomini dabbene; e § 8,
                           sul desiderio di guadagno che travalica persino l’amicizia. Sullo scardinamento dei normali
                           assetti sociali durante i Saturnalia basti rimandare a DOLANSKY, 2011.
                             16  Lucian., Nigr. 12-14. Luciano ricorda l’elogio rivolto da Nigrino agli Ateniesi: educati
                           alla filosofia e alla parsimonia, questi avrebbero opportunamente dileggiato coloro che osten-
                           tavano  ricchezza,  senza  vergognarsi  della  propria  povertà  (§  14:  οὐκ  αἰσχύνονται  πενίαν).
                           Benché il discorso sia costruito sull’opposizione retorica tra l’opulenta e viziosa Roma e la
                           parca e virtuosa Atene, non si può escludere che esso rifletta – seppur pallidamente – la reale
                           condizione dei due centri.
                             17  Lucian.,  Tim.  5:  τοσούτους  Ἀθηναίων  εἰς  ὕψος  ἄρας  καὶ  πλουσίους  ἐκ  πενεστάτων
                           ἀποφήνας καὶ πᾶσι τοῖς δεομένοις ἐπικουρήσας, μᾶλλον δὲ ἀθρόον εἰς εὐεργεσίαν τῶν φίλων
                           ἐκχέας τὸν πλοῦτον … Sul dialogo,  composto  probabilmente  tra  il  160  e  il  165,  si  vd.
                           TOMASSI, 2011, che opportunamente sottolinea come – nonostante l’ambientazione durante la
                           guerra del Peloponneso e l’eredità letteraria della cd. Timonlegende, dalla commedia attica a
                           Plutarco – «Timone si muov[a] in una realtà atemporale» (cit. a p. 13), come confermano an-
                           che alcuni anacronismi. Esso può dunque ben valere anche come spaccato della società ate-
                           niese contemporanea all’autore, tanto che nel Timone lucianeo  qualcuno  ha persino  voluto
                           cogliere una trasposizione letteraria della figura o di Erode Attico o di suo padre (cfr. ancora
                           TOMASSI, 2011, p. 89-97).
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