Page 8 - 3613-495-3 Mecella, Galimberti, Open A
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6aPREMESSA

                           sare,  ad  esempio,  all’importanza  dei  sopralluoghi  imperiali  agli  accampa-
                           menti per rinsaldare il legame tra l’imperatore e la truppa). Questioni che il
                           volume di Halfmann lasciava in parte inespresse e che furono variamente af-
                           frontate nei decenni successivi, perlopiù attraverso studi di dettaglio consa-
                           crati  a  singole  figure  e/o  a  contesti  geografici  e  cronologici  omogenei.  Si
                           pensi, per non citare che qualche esempio, alla raccolta di saggi «Les voya-
                           ges des empereurs dans l’Orient romain. Époques antonine et sévérienne»,
                           cur. A. Hostein, S. Lalanne,  Arles,  2012;  al  più  generale  lavoro  di  Astrid
                           Habenstein, Abwesenheit von Rom. Aristokratische Interaktion in der späten
                           römischen Republik und in der frühen Kaiserzeit,  Heidelberg,  2015,  dove
                           comunque si trovano diversi spunti utili; o al più recente «Viaggiare nel Me-
                           diterraneo tra antico e moderno», cur. M. Albana et al., Bari, 2021; oltre alle
                           molte, pregevolissime opere sugli imperatori e le città pubblicate negli ultimi
                           anni. Un vasto panorama, cui si sono via via affiancati studi circoscritti a
                           singoli aspetti. Ricordiamo, in particolare, la ricerca di Joachim Lehnen, Ad-
                           ventus principis. Untersuchungen zu Sinngehalt und Zeremoniell der Kaiser-
                           ankunft in den  Städten des  Imperium  Romanum,  Frankfurt  a.M.,  1997;  la
                           miscellanea  «Imperatori  a  palazzo,  imperatori  in  villa»,  cur.  M.  Valenti,
                           Roma, 2021, che offre una prospettiva di lunga durata dall’alto impero alla
                           tarda antichità; e, per ciò che concerne il mondo romano, proprio sul tardo-
                           antico avevano in precedenza concentrato l’attenzione sia la monografia di
                           Sylvain  Destephen,  Le  voyage  impérial  dans l’Antiquité tardive. Des Bal-
                           kans au Proche-Orient,  Paris,  2016,  sia  l’imponente  lavoro  collettivo  «Le
                           gouvernement  en  déplacement.  Pouvoir  et  mobilité  de  l’Antiquité à nos
                           jours», cur. S. Destephen, J. Barbier, F. Chausson, Rennes, 2019. Un quadro
                           d’insieme, tuttavia, proprio a causa della numerosità e complessità dei pro-
                           blemi connessi alla presenza imperiale fuori dalla capitale, dopo Halfmann
                           non è più stato tentato.
                             Il presente volume non pretende affatto di colmare tale lacuna: più mode-
                           stamente, esso mira a richiamare l’attenzione su un periodo, quello dei primi
                           due secoli del Principato, ancora caratterizzato dalla forte centralità di Roma
                           quale centro del potere e per il quale dunque, a prescindere da alcune signifi-
                           cative eccezioni, lo studio dell’azione imperiale nel resto della penisola itali-
                           ca e soprattutto in provincia rimane, se non certo trascurato, non ancora af-
                           frontato in tutte le sue potenzialità.
                             L’‘esplosione’ del tardoantico e il fascino suscitato dalle epoche di crisi
                           presso la sensibilità contemporanea hanno contribuito, soprattutto negli ulti-
                           mi tempi, ad una proliferazione di studi sul segmento del III-V secolo, anche
                           sulla base di una documentazione che a partire dalla  matura  età  severiana
                           tende a sottolineare con insistenza un radicale mutamento di prospettiva. La
                           celeberrima frase posta da Erodiano (1.6.5) sulla bocca del senatore Claudio
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