Pirandello e «Lazzaro»: il mito sulla scena

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88-7694-159-2
24,00 €
Autore: Sergio Bullegas
Isbn: 88-7694-159-2
Collana: Contributi e proposte ISSN 1720-4992
Pirandello e «Lazzaro»: il mito sulla scena
Maggiori Informazioni
ISBN88-7694-159-2
Numero in collana29
CollanaContributi e proposte ISSN 1720-4992
AutoreSergio Bullegas
Pagine256
Anno1994
In ristampaNo
DescrizionePirandello e «Lazzaro»: il mito sulla scena
Parlare di miti in Pirandello significa riferirsi alla sua ultima e forse meno frequentata produzione: La nuova colonia, Lazzaro e I giganti della montagna. Essi si pongono, all’interno della sua poetica, come laboratori sperimentali e come naturali tappe/compendio di soluzioni tecniche, in quanto alla forma e alla scena, e come fisiologiche focalizzazioni di scelte tematiche, in quanto al pensiero e al contenuto. Traguardo dell’intero cammino culturale dell’uomo Pirandello, i miti sono come un sicuro approdo dopo una lunga, tempestosa navigazione esistenziale, come un ubi consistam a lungo sperato contro ogni speranza, ma anche come un cifrario che custodisca e adombri, e allo stesso tempo sveli, offrendone un’indubbia chiave di lettura, gli estremi quesiti dell’uomo. In essi, infatti, i punti interrogativi, di cui è disseminata l’intera precedente produzione pirandelliana, tentano caparbiamente di diventare punti fermi. I miti pirandelliani, quindi, oltre ad essere una trilogia drammatica, costituiscono delle tesi programmatico-esistenziali, volte a illustrare un’unitaria e universale visione della vita. Così, essi racchiudono, frammisti all’immaginario e al sacro, i valori e gli ideali dell’esistenza, quasi ostensori dove la verità è, sì, manifestata ma anche relegata nello sfondo, e velata dai fregi preziosi e dal cristallo della teca; o loci conclusi dove l’Arte si è re-impastata a tal punto alla religio da non poterne essere più distinta. Lazzaro, dunque, che solo in maniera nominale e metaforica prende spunto dall’omonimo personaggio della vicenda evangelica essendo un’esemplificazione drammatica della resurrezione/rinascita fisica e interiore dell’uomo, rappresenta il tema della morte e dell’oltre. Meglio, racchiude, illuminate dalla luce della charitas del Cristo, le realtà oscure del fine e della fine della vita: la partenza dalla terra, l’esistenza dell’altro mondo e il ritorno da quello in questo. L’opera fu rappresentata in prima assoluta a Huddersfield, in Inghilterra, il 9 luglio 1929. Ma la sua gestazione/composizione risale ad almeno un anno prima, al luglio del 1928. In Italia, invece, sarà messa in scena a Torino, al Teatro di Torino, dalla Compagnia di Marta Abba, cinque mesi dopo, il 7 dicembre 1929, riportando un enorme ed insperato successo.
Sergio Bullegas è docente presso la Cattedra di Storia del Teatro e dello Spettacolo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari. Oltre all’opera pirandelliana, ha affrontato, in collaborazione con Guido Davico Bonino, le tematiche del teatro goldoniano nei due volumi C. GOLDONI, Commedie, Milano, Garzanti, 1976. Si è occupato, a più riprese, della ricostruzione del Repertorio teatrale e della scena cinque-seicentesca in Sardegna e dell’influenza del Teatro del Siglo de oro nell’Isola, pubblicando alcuni saggi, tra cui: Teatro in Sardegna fra Cinque e Seicento, Cagliari, Edes, 1976; La Spagna, il Teatro, la Sardegna, Cagliari, CUEC, 1992. La scena spagnola ha costituito un ulteriore tema della sua attività di ricerca col saggio LOPE DE VEGA, Il nuovo mondo scoperto da Cristoforo Colombo, Torino, Einaudi, 1992. Infine, il teatro e il mondo di Angelo Beolco è il tema del volume Angelo Beolco, Prefazione di Guido Baldassarri, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1993.