L’arte come professione
ISBN | 88-7694-763-9 |
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Numero in collana | 05 |
Collana | Etica ed ermeneutica |
Autore | Francesco Ghia |
Pagine | X-270 |
Anno | 2004 |
In ristampa | No |
Descrizione | L’arte come professione |
Il punto di partenza di questa ricerca, che ambisce presentarsi come un tentativo di ricostruzione dell’estetica weberiana, è costituito dal ruolo autonomo che il sociologo di Erfurt ha attribuito al dominio estetico nel processo con cui le sfere della cultura umana si differenziano l’una dall’altra. Propriamente, come si sa, Weber non ha lasciato, tra i suoi scritti, alcuna estetica stabilita. Tuttavia, da una testimonianza della vedova Marianne, veniamo informati della circostanza che tra gli intendimenti del pensatore di Erfurt vi era anche quello di elaborare una sociologia che comprendesse tutte le arti. Muovendo dallo studio, rimasto incompiuto, sulla sociologia della musica e riannodando le osservazioni sparse qua e là nella sua opera (comprendendo anche gli ampi epistolari), risulta che la funzione autonoma e indipendente della sfera dell’estetico implica per Weber che l’arte riveste un’importanza specifica per gli uomini che, seppur a diverso titolo, vi prendono parte, ed esercita così anche un’influenza sul modo e sullo stile della vita. Ed è precisamente questa influenza artistica sulla Lebensführung a costituire la modalità con la quale il processo di razionalizzazione, tipico della disamina weberiana dell’età moderna, si fa valere anche nella sfera dell’estetico. In analogia con le due note conferenze weberiane sulla scienza e sulla politica come professione (Beruf), ovvero come luogo nel quale da ultimo risulti possibile individuare quale sia la possibile destinazione dell’uomo, pare allora lecito parlare di una arte come professione e tentare di racchiudere in tale definizione il senso complessivo della estetica di Weber: nel confronto con il “demone che tiene i fili della propria vita”, l’individuo rinviene nell’arte un Beruf, una vocazione-professione cui affidare, anche nelle forme di un pathos drammatico, la ricerca di un senso per il proprio vivere, affaticarsi ed esistere.
Francesco Ghia (1970) si è laureato in Filosofia all’Università di Genova e ha svolto attività di perfezionamento e ricerca presso l’Università di Bochum (Germania) e lo stesso ateneo genovese. Attualmente è ordinario di Filosofia, Psicologia e Scienze dell’educazione negli Istituti Superiori. All’approfondimento di diversi aspetti filosofici del pensiero di Weber e di significativi esponenti dello storicismo etico-religioso ha dedicato vari studi nelle riviste “Ricerche teologiche”, “Mitteilungen der Ernst Troeltsch Gesellschaft”, “Teoria”, “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, “Humanitas”, “Eidos”, “Hermeneutica”. Suoi contributi sono apparsi nei volumi collettanei Poesia e nichilismo (Genova 1998), Filosofi della religione (Genova 1999), Mito religione storia (Genova 2000), Ermeneutica e destinazione religiosa (Genova 2001), Religioni, etica mondiale, destinazione dell’uomo (Genova 2002). Ha curato il volume di E. Troeltsch, L’autonomia della religione (Napoli 1996) e, sempre di Troeltsch, la silloge di Scritti scelti di prossima pubblicazione per la collana “Classici della filosofia” della Utet di Torino.