INTRODUZIONE ● PARTE I: VERSO LA FINE DELLA POST-MODERNITÀ ● I. Unità e potere della modernità ● II. Ontologia dell’identità: la diversità ● III. La “disgregazione” dell’io ovvero le intelligenze “multiple” ● IV. Le tribolazioni di un Io de-costruito ● PARTE II: GLI IO IN RETE COME “SPAZIO COMUNITARIO” ● I. Le “virtual community vintage” ● II. Mezzi per costruire ed esprimere il proprio sé virtuale ● III. L’Identità frammentata ● IV. La vita in rete ● V. L’identità simulata: casi di fake ● PARTE III: LE PATOLOGIE DEL CYBER-SELF ● I. Fra gioco e patologia ● II. Psicopatologie delle condotte online ● III. Quel che resta, oggi, di un io dissolto ● CONCLUSIONE ● BIBLIOGRAFIA consultata
L’IO del soggetto oggi sembra sgretolarsi in tutta la sua unità e rovinare alla base di quel monte simbolico da cui, per due millenni, aveva conservato intatto e omogeneo il suo potere metafisico. Dai suoi resti emergono tanti avatar che, quali fantasmi della molteplicità identitaria, si aggirano desolati tra quelle macerie alla ricerca di una personalità smarrita con cui continuare a esistere per tentare di rifondare una nuova esistenza autentica. Questo è il messaggio che l’Autore vuol comunicare in questa ricerca sull’IDENTITÀ giunta alla fine della sua post-modernità. L’IO, rinato dai resti delle due guerre e dopo essere riuscito a rifondarsi con l’aiuto della tecnologia, resta vittima di quest’ultima che, da strumento, viene perseguita quale fine. Così negli aeroporti e nelle stazioni gli individui camminano qua e là con telefono cellulare e auricolare parlando, da soli, ad alta voce, come schizofrenici paranoici, incuranti di ciò che sta loro intorno. Oppure, per fronteggiare momenti di solitudine per strada o nella propria auto, o alla cassa del mega-store, controllano affannosamente se qualcuno ha loro inviato qualche messaggio per carpire qualche brandello di evidenza e mostrare a se stessi che questo qualcuno ha bisogno di loro e/o forse si è voluti. Non solo ci si allontana dal proprio IO, ma lo si fa diventare molteplice quando, indossando i panni occultanti di un nickname, si entra in relazione con gli altri attribuendosi le più svariate personalità in Rete con cui chattare e/o confrontarsi salvo poi spegnersi con un clik quando il gioco si fa pericoloso. In questo play game interagiamo con l’immagine di noi e con quelle degli altri: davanti al mega specchio dell’esistenza pilotiamo i nostri avatar di circostanza e siamo corrisposti da altrettanti androidi rifatti per ogni occasione quasi con impianti transgenici di derma così da apparire sempre nuovi e diversi per ogni situazione. L’edonismo della post-modernità sconfina nel narcisismo che calza e indossa ogni “essere” per ogni circostanza: così l’apparire è regola che sta alla base di ogni nostro relativo comportamento In questa de-costruzione identitaria, la nostra intelligenza si fa unilaterale, funziona settorialmente sostenuta da un’affettività relativa e volatile emozionalmente protesa a interpretare ruoli e funzioni ormai lontani coerentemente dal proprio Sé. Le emozioni si fanno molteplici e tiepide, i pensieri segmentati e frammentari e gli obiettivi si allontanano sempre più dall’essere certezza. Così tanti fake impersonation ci sostituiscono ogni giorno nei micro mondi on line a contatto vertiginoso con le maschere degli altri soggetti che, quali avatar freddi e anaffettivi, vagano in un palcoscenico incapace di ristabilire significati, nuances e contatti reali in un educazionale razional-tecnologico senza volto e in tanti social forum dalla tiepida amicizia situazionale e di circostanza. Ma arrivato al capolinea, riuscirà questo IO a riorganizzasi oltre quella radura fitta di boscaglie da cui trapela l’alba di un nuovo giorno, nonostante una diffusa ansietà abbia performato di sé il buio di questi ultimi 50 anni?