Il furto di Prometeo
ISBN | 88-7694-052-9 |
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Numero in collana | 09 |
Collana | Contributi e proposte ISSN 1720-4992 |
Autore | Luciana Borsetto |
Pagine | 292 |
Anno | 1990 |
In ristampa | No |
Descrizione | Il furto di Prometeo |
In alcuni versi dell’arte poetica di Marco Girolamo Vida (Roma 1527), si fa riferimento al furto di Prometeo per sottolineare insieme le deliciae e le cruces di una pratica del discorso letterario che da Virgilio a Orazio agli umanisti del tardo Quattrocento viene assunta a fondamento e cardine del discorso poetico tout court. Il furto di Prometeo è insieme il furto del fuoco e il furto delle muse, della poesia: un tesoro riservato agli antichi, cui i moderni hanno il potere di attingere soltanto attraverso l’esercizio secondo della reminiscenza, della citazione, del rinvio. L’immagine vidiana potrebbe essere assunta a emblema totale di una condizione generale della comunicazione letteraria nel Rinascimento: l’esercizio vero e proprio della scrittura non essendo altro, nel periodo in questione, che un esercizio assiduo di assimilazione, di doppiaggio, di riscrittura. Riscrittura come tentativo di riproporre un discorso pieno prodotto altrove, secondo le medesime prospettive di lettura emergenti dalla poetica vidiana, ma anche come palinsesto consunto e rovesciato, come distanziamento e trasgressione, rifacimento e parodia. Un modo di conservare la parola in un dialogo continuo tra presente e passato, o tra presente e assente, ma anche la negazione della natura dialogica del discorso, il segno del discontinuo insito nelle sue proposizioni. Gli studi che ora si pubblicano seguono in gran parte le vicende delle situazioni comunicative sopra segnalate. Imitazione, scrittura, riscrittura tracciano in essi un percorso di attraversamento della tradizione dove i testi e i modi della teoria raddoppiano quelli della pratica e viceversa, le parole degli autori confondendosi con quelle dei rifacitori, il furto di Prometeo evocato dal Vida figurando quale ennesima fissazione del già detto e del già scritto, sublimazione estrema di origini più o meno scopertamente dichiarate e celebrate, ma anche quale definitiva presa di distanza da queste, quale loro irriducibile rimozione.