Heroides

A scrivere lettere d’amore cominciò e insegnò, amoris magister, Ovidio con le Heroides; nè mai il tono, quello dell’antico suo dettato, fu diverso, non solo nei romanzi epistolari europei ma neppure nelle corrispondenze private. Per saecula, fino alla conversazione telefonica. Non fosse che per questo converrebbe rileggere la seconda ironica e geniale; e convien riguardarla in una lunga prospettiva, rileggerla con sufficiente documentazione filologica e però anche con la sollecitudine e con la curiosità dovute ad opera del capostipite. In affari d’amore occorre ancora abbandonarci ai ritmi interni della coinvolgente retorica del cuore per cui non solo l’innamorato inganna ma, sappiamo, si inganna necessariamente. Così la retorica si fa stile, parola richiesta e sospesa, dolorosamente seria quando è nostra, ma godibile quando è d’altri, indiscretamente da noi sorpreso. A diverse quindi, ma non contradditorie esigenze, questa nuova edizione con commento, saggio introduttivo e nuova traduzione vuole rispondere. Può fornire esercizio di autoconoscenza storica, riconoscimento del nostro stesso sentire, dell’inevitabile sua letterarietà e del paradosso d’una cultura che semba, qui specialmente, connaturata. Queste eroine levano voci di fondo, le voci della passione d’amore con tutte, già articolate e pronte, quelle parole che in Occidente abbiamo imparato per noi, per rappresentarci con appropriata dignità psicologica a noi e all’altro nei segreti momenti d’abbandono. Come se, amando, dovessimo sempre scrivere lettere d’amore.