Fede e bellezza
ISBN | 88-7694-227-0 |
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Numero in collana | 35 |
Collana | Contributi e proposte ISSN 1720-4992 |
Autore | Niccolò Tommaseo |
Curatore | Fabio Danelon |
Pagine | 260 |
Anno | 1996 |
In ristampa | No |
Descrizione | Fede e bellezza |
L’icastico giudizio su Fede e bellezza attribuito da Cesare Cantù ad Alessandro Manzoni più di un secolo fa, “mezzo Venerdì Santo e mezzo sabato grasso”, rappresenta tutt’oggi un’opinione largamente condivisa dalla critica. La fortunata sintesi manzoniana, ponendo il problema della intima contraddittorietà del romanzo, sollecita però a cercare le ragioni ultime di tale contrasto. E queste pare si possano infine ricondurre sotto la categoria dell’antimodernità, da intendere soprattutto come consapevole rifiuto di ogni secolarizzazione del mondo. Fede e bellezza, infatti, è prima di tutto un’opera contro la modernità. In tal senso convengono le opzioni formali e le più importanti tematizzazioni del romanzo: quella del matrimonio in chiave antiromantica e quella economica anticapitalistica. Fede e bellezza si presenta come un romanzo difficile. Quello che avrebbe voluto essere un racconto morale, alla fine si risolve in un sofferto romanzo psicologico. Eppure il pregio di Fede e bellezza sta proprio nell’aver fallito quell’obiettivo edificante, nel non essere riuscito come lo voleva l’autore. Tra le pagine di Fede e bellezza, sotto il velo del discorso morale, traluce un intimo dibattersi tra volenterose ambizioni spirituali e indomite pulsioni materiali. Qui sta la singolarità di Fede e bellezza nella narrativa ottocentesca: nella rappresentazione di un contraddittorio e doloroso travaglio, sostanzialmente irrisolto, che trova espressione nel continuo oscillare tra colpa e espiazione traboccante nello sfogo confessorio. Qui sta l’elemento di modernità di un romanzo concepito come antimoderno. Il volume propone, per la prima volta, l’edizione critica di Fede e bellezza, arricchita da una commento originale e da un denso saggio introduttivo.
Niccolò Tommaseo (1802-1874), dalmata, è stato uno dei protaganisti della cultura italiana ottocentesca. Poeta, narratore, vocabolarista, traduttore, giornalista, critico, polemista culturale e politico, studioso del folklore, pedagogista, patriota: fu un poligrafo instancabile, dallo stile originale e forte, ispirato da una vena costante di moralismo rigido e talora melevolo. Alcune sue opere, come il Dizionario dei sinonimi o la raccolta dei Canti popolari toscani, corsi, illirici, greci, mantengono intatti ancora oggi valore e freschezza. Fede e bellezza costituisce il suo capolavoro narrativo Fabio Danelon, nato nel 1959, è dottore di ricerca in Storia della lingua e della letteratura italiana. Tra i suoi lavori di interesse prevalentemente ottocentesco, si ricordano i volumi “Note” di Giovita Scalvini su I Promessi Sposi (La Nuova Italia 1986) e, presso la nostra casa editrice, Dal libro da indice al manuale. La storiografia letteraria in Italia nel primo Ottocento e l’opera di Paolo Emiliani Giudici (1994).