Del qui e dell'altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea
Parte prima: Di confini e opposte rive: Imago mortis: tracce dell’estremo rito di passaggio nella poesia italiana moderna e contemporanea. ● L’Altrove mitologico dei Consigli al morto di Franco Fortini ● La “moderna morte” in La gioia e il lutto di Paolo Ruffilli ● Ai Lari: la preghiera bifronte e la discesa agli inferi di Giuseppe Conte ● Il fantasma e l’Antenato in Sedersi accanto di Francesco Scaramozzino ● L’impossibile comunicazione con le ombre. Simbolismo e medianità in Plumelia di Lucio Piccolo ● Parte Seconda: Del tempo, dell’amore e di altre soglie: Gabriela Fantato: l’Altrove nel Mondo e i sentieri di Enigma ● Implicazioni e complicazioni di un penultimo testamento. Sul poema Esequie del tempo di Sandro Montalto ● L’ombra del tempo di Claudio Mancini ● L’occhio e la mente nella poetica del divenire di Stefano Vitale ● Immanenza e trascendenza dell’Eros ne Il viandante di Mario Marchisio ● Del passaggio e del confine. Il viaggio di Giorgio Fàvaro per regioni di acque e di terre ● Una metafisica di superficie. Il bene della vista di Mauro Ferrari ● L’arte del commiato e la parola distillata nell’opera al nero di Gino Rago ● Indice dei nomi
Il pensiero materialista-individualista occidentale ha prodotto distorsioni nella fisiologicità del trapasso e una diversa percezione della morte stessa: la morte, iper-rappresentata, è di fatto esorcizzata, è sempre un imprevisto, quasi un fatto innaturale, del quale, sempre più di frequente, occorre reperire un colpevole. La letteratura da sempre è stata lente e specchio delle civiltà storiche e dell’uomo, delle sue trasformazioni e delle sue costanti. Poesia e morte sono spesso andate a braccetto, come a dichiarare una sfiducia nei confronti del mondo e dell’esistenza, a catturare quello sguardo sofferto e a volte notturno, che il poeta, nello stereotipo culturale, più d’altri ha manifestato. E che la potenza di certi versi tragga energia da vicende radicate nel mito più che nella storia, nell’atemporalità più che nella caducità del giorno, fa ancora una volta dubitare del destino di tanta minuta poesia, recente e presente, nutrita dalle muffe dei nostri angoletti urbani e dalle sospette ipertrofie di un qui ed ora, necessitante, ma sciaguratamente orfano.