Charivari
ISBN | 88-7694-785-X |
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Numero in collana | 06 |
Collana | L'immagine riflessa - Quaderni Serie Miscellanea |
Curatore | Franco Castelli |
Pagine | LXIV-322 |
Anno | 2004 |
In ristampa | No |
Descrizione | Charivari |
Avendo scelto di affrontare e sviscerare la tematica carnevalesca, il Laboratorio Etno-Antropologico di Rocca Grimalda, dopo i convegni Maschere e corpi (1996), Immagini dell’Aldilà (1997), Il corpo e la festa (1998) e Il senno di Bertoldo (1999), non poteva non misurarsi con quella istituzione complessa e sfuggente che nell’Europa preindustriale assume localmente tanti nomi diversi (Haberfeld-treiben o katzenmusik in Germania, pôeletage in Belgio, rough music in Inghilterra, cencerrada in Spagna, scampanata in Italia ecc.), ma che per convenzione definiamo Charivari. Su questa istituzione della cultura popolare tradizionale esiste ormai una letteratura imponente. Perché dunque un convegno sullo Charivari nell’anno 2000? Non sembri una domanda oziosa, dato che a molti la parola in oggetto richiama un rito arcaico e un pò crudele (quello della beffarda cavalcata sull’asino), che pare sprofondare nelle brume del Medio Evo. Nell’organizzare il convegno non hanno però agito velleità archeologiche, in quanto con Charivari, termine dalla discussa e controversa etimologia, viene designata tutta una serie di fenomeni di enorme diffusione e di sorprendente resistenza nel tempo, che vanno dagli schiamazzi rituali per le nozze dei vedovi alle performances delle medievali Badie del Malgoverno alle moderne manifestazioni di protesta della cultura operaia, passando attraverso le più diverse forme di destabilizzazione e reintegrazione rispetto all’ordine sociale. A più di vent’anni dal colloquio parigino sullo Charivari, il convegno del Laboratorio rocchese cerca di approfondire l’argomento con i contributi di storici sociali, antropologi, etnomusicologi, linguisti, filologi, ricercatori, che oltre a portare alla luce una nuova, più ricca documentazione, sono tornati a confrontarsi con le diverse teorie interpretative del fenomeno, da Bachtin a Lévi-Strauss, da Thompson a Ginzburg. Ancora una volta, dunque, l’analisi di un affascinante “geroglifico sociale” in cui si coagula la tensione fra mondo della festa e mondo della legalità quotidiana: per comprendere meglio la prorompente multiforme espressività delle classi subalterne, nonché l’inesausta vitalità della cultura carnevalesca.